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In Libia è ancora scontro tra Francia e Italia. Intanto gli Usa…

Si riaffaccia lo spettro della rivalità tra Francia e Italia sul fronte libico. Siamo a poco meno di due settimane dalla conferenza programmatica di Palermo, nella quale i quattro principali esponenti politici della Libia si riuniranno, insieme alla comunità internazionale, per delineare la road map per la stabilizzazione del Paese. Nonostante questo, ci troviamo ancora sommersi fino al collo nel caos causato dagli ultimi mesi di sconvolgimenti a Tripoli. E la Francia, che ufficialmente ha dato il suo sostegno all’iniziativa a firma italiana, ha deciso di invitare a Parigi per l’8 novembre esponenti di spicco di Misurata, città cardine dello scenario libico, centro nevralgico del potere militare della regione.

Un incontro di alto livello a soli pochi giorni dal vertice siciliano che servirà, secondo quanto riferisce il sito della tv libica Libya al-Ahrar, a concludere “le discussioni aperte nel luglio scorso nel quadro della visita di Le Drian a Misurata”, e riguarderanno “il ruolo di questa città nella stabilità della Libia”. Tra gli invitati ai colloqui ci sono un componente dell’Alto consiglio di Stato, Abul Kassem Kozeit, il consigliere comunale Ali Bouseta, il generale Salem Geha ed El Taher el Baour, componente del Comitato di riconciliazione fra Misurata e Zintan, e tre deputati.

Una mossa imprevista ma non imprevedibile, che comunque non mette in discussione la quadra trovata in previsione dell’appuntamento italiano del 12 e 13 novembre. Gli elementi essenziali che contraddistingueranno le discussioni tra i leader libici a Palermo saranno, riportando quanto anticipato dal quotidiano arabo Alaraby, l’esigenza di un cessate il fuoco in tutto il Paese, l’unificazione delle istituzioni e le elezioni a settembre del 2019. E, a questo proposito, sembra che il presidente del governo di accordo nazionale, Fayez al Serraj, il maresciallo Khalifa Haftar, il presidente del Parlamento, Aguila Saleh, e il presidente dell’Alto consiglio di Stato libico, Khaled al Meshri, avrebbero tutti approvato la proposta italiana.

D’altra parte, anche il versante atlantico risponde all’emergenza della Libia. Il segretario alla Difesa statunitense James Mattis ha confermato, infatti, il ritorno dell’ambasciatore statunitense in Libia, Peter Bodde. Un punto di partenza importante, che sottolinea l’interessamento al dossier che Donald Trump aveva mostrato a Giuseppe Conte durante la sua visita alla Casa Bianca.

Il problema alla base, però, resta quello di superare l’acredine, che ciclicamente riaffiora in superficie, tra Parigi e Roma. Una disputa, che come affermano Federica Saini Fasanotti e Ben Fishman in un report su Foreign affairsaffonda le radici in interessi divergenti nella regione libica e in un complesso gioco di specchi e scetticismo sulla politiche adottate reciprocamente sulla questione. La conferenza di Palermo offre all’Italia l’opportunità di dare un contributo fondamentale al processo di pace in Libia, ma, in tutto questo, il governo di Roma non deve dimenticarsi delle Nazioni Unite. È solo rafforzando il ruolo dell’Onu e dell’inviato speciale Ghassan Salamè che la competizione con Parigi potrà attenuarsi, in favore della stabilizzazione libica.

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