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L’Italia apre a Mosca (col consenso Usa). Le strategie per il Mediterraneo secondo Pelanda

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“Nel Mediterraneo è impensabile ignorare Mosca”. Così ha dichiarato al Corriere della Sera Enzo Moavero Milanesi, ministro degli Esteri del governo di Giuseppe Conte, nel giorno di apertura del Med Forum 2018. Le mire della Russia sul Mediterraneo si sono, ciclicamente nel corso della storia, riproposte nello scenario geopolitico internazionale, come, allo stesso tempo, hanno continuato a camminare sul filo del rasoio le relazioni russe con gli Usa. Giunto a Roma, il ministro degli esteri di Mosca, Serghei Lavrov, ha messo in chiaro come, anche se aperta a costruire una partnership “reciprocamente vantaggiosa”, la Russia ancora non trova una “condivisione nei partner americani”. Tuttavia, ha continuato, riterrà che alla fine “a Washington trionferà il buon senso nell’interesse non solo dei popoli di Russia e Stati Uniti, ma anche di tutta la comunità mondiale”.

“Un metro per misurare se una divergenza tra nazioni è molto forte, prebellica, oppure è semplicemente una tattica negozionale normalissima è guardare la densità degli incontri che ci sono tra le due parti. I russi e gli americani si parlano praticamente ogni giorno, quindi stanno già trattando”, ha affermato Carlo Pelanda, coordinatore del dottorato di ricerca in Geopolitica economica all’Università Guglielmo Marconi di Roma, in una conversazione con Formiche.net, ridimensionando le previsioni negative sul rapporto tra le due potenze. E l’Italia, a maggior ragione dopo la Conferenza di Palermo e l’endorsement russo sul dossier libico, cerca di destreggiarsi tra l’alleato storico affacciato sull’Atlantico e la necessaria attenzione dovuta alla Russia di Vladimir Putin.

Quali sono ad oggi le prospettive del rapporto tra Russia e Italia nel Mediterraneo?

Senza la Russia, l’Italia in Libia non conta alcunché, ed è la Russia, infatti, che ha coordinato tutta la Conferenza di Palermo. L’Italia si trova in una situazione di estrema debolezza nella sua collocazione internazionale. La Francia, poi, è in “guerra” con l’Italia e sta usando tutte le armi in suo possesso per “allinearla”. Nel Mediterraneo l’Italia ha problemi reali di sicurezza e l’unica che in questo momento è disponibile concretamente ad aiutarci è la Russia che, allo stesso tempo però, ha chiesto di rientrare nel business petrolifero. C’è dunque un rapporto di scambio più che di amicizia.

Da dove nasce l’interesse russo in Libia?

La politica africana della Russia è molto più intensiva e penetrante di quanto si possa immaginare. Trump, che ha appena stanziato 60 miliardi di dollari per il contenimento dell’espansione cinese in Africa, in realtà ha dimenticato di prestare la dovuta attenzione anche a un contenimento dell’espansione russa. Inoltre questi ultimi hanno una buona presa sull’Egitto, hanno un’ottima presa sull’Arabia Saudita e adesso devono monetizzarla. È qui che nasce anche l’interesse sul dossier libico e sull’aiuto all’Italia nell’opera di mediazione e pacificazione del territorio. I colloqui tra Italia e Russia, dunque, hanno un elemento di necessità tipico del contratto.

Questa apertura italiana a Mosca potrebbe mettere in difficoltà i rapporti di Roma con gli Stati Uniti? E come si evolveranno, secondo lei, i rapporti tra Usa e Russia nel prossimo futuro?

Innanzitutto no, non metteranno in difficoltà l’alleanza con Washington perché quella con Mosca è un relazione concordata al 90%. I rapporti tra le due potenze invece sono inquadrabili oggi in una fase prenegoziale dove si arriva quasi a spararsi gli uni con gli altri e che finirà con una qualche forma di accordo. Un metro per misurare se una divergenza tra nazioni è molto forte, prebellica, oppure è semplicemente una tattica negozionale normalissima è guardare la densità degli incontri che ci sono tra le due parti. I russi e gli americani si parlano praticamente ogni giorno, quindi stanno già trattando. E per tornare alla giusta domanda su quanto la relazione tra Russia e Italia possa mettere in difficoltà i rapporti con gli Usa, bisogna dire che gli italiani hanno chiesto il permesso agli americani di poter intrattenere queste relazioni con Mosca, così come hanno chiesto un certo permesso per mantenere relazioni commerciali con la Cina e con l’Iran. Gli Stati Uniti gliel’hanno concesso per dare anche un po’ di flessibilità all’Italia, considerata la loro impossibilità di aiutarla nel contenzioso con la Francia e con l’Unione europea. Però in cambio chiedono che l’Italia mantenga le sanzioni contro la Russia. È un po’ un ritorno al rapporto degli anni ’50: ti lasciamo avere rapporti con l’Unione sovietica basta che sei trasparente con noi e non ti spingi entro un certo limite.

A proposito di sanzioni, come considera il ruolo italiano in questa diatriba?

Sul tema delle sanzioni l’Italia è in difficoltà perché strizzando gli occhi a Mosca ma mantenendo la linea Usa, la Russia può lasciare spazio a un quid di imprevedibilità sulla Libia. Pur essendoci una cornice abbastanza bilanciata nelle relazioni, infatti, c’è questo punto specifico che può creare problemi all’Italia. In più c’è un governo molto debole e questo peggiora la situazione. Non è quindi un gioco di equilibrismo facile per l’Italia. Sicuramente il governo chiederà comprensione e cercherà di attutire le sanzioni ma resta comunque una di quelle situazioni in cui o vai da una parte o dall’altra.

Inserisce in questo contesto concordato anche il “passo indietro” americano alla Conferenza di Palermo?

Gli Usa sono stati molto cortesi, hanno capito che la Russia era l’attore che in questo momento avrebbe potuto aiutare di più l’Italia e non si sono mostrati troppo proprio per fare un favore a Roma. Gli americani girano intorno alla questione, mentre i russi in questo momento hanno interesse a penetrare in Libia e nel Mediterraneo per espandere la propria influenza. E hanno questa possibilità di cercare un punto di incontro tra turchi, sauditi ed egiziani. Lo scenario, comunque, è reso molto complicato dal fatto che l’Algeria sta per entrare in periodo di instabilità. Quasi un mese fa, infatti, sono stati cambiati tutti i vertici della sicurezza nel Paese e quest’ultimo si prepara a un periodo di discesa. In ogni caso la Russia sta manovrando per trovarsi al centro di questo scacchiere mediorientale. Anche perché l’America in questo settore è un po’ indecisa, o comunque preferisce delegare il dialogo all’Arabia Saudita.

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