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Pink revolution? La lezione di democrazia di Torino e Roma

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C’è una inedita e spontanea pink revolution, con enormi potenzialità di mobilitazione e di coinvolgimento ideale, che avanza e guadagna presenze e consensi.

Una rivoluzione rosa che nella sostanziale indifferenza, per non definirla sottovalutazione, di editorialisti e commentatori, ha già offerto due concreti esempi della capacità di catalizzare l’opinione pubblica e mobilitare la società civile.

Promosse attraverso il web da gruppi di donne senza esperienze politiche, le imponenti manifestazioni svoltesi a Torino, per esprimere il sostegno all’alta velocità, e a Roma per protestare contro il gravissimo degrado della Capitale, dimostrano che lo tsunami del populismo e del qualunquismo che sta stravolgendo la politica e, purtroppo, anche le istituzioni del Paese, non ha intaccato la capacità di analisi obiettiva e laica, e soprattutto la resistenza dei cittadini.

In prospettiva la scossa della pink revolution, che non è circoscritta soltanto all’Italia, ma è globale come hanno evidenziato le elezioni di midterm, ha già bypassato la vecchia concezione della politica fondata su analisi socio-economiche, interessi e aggregazioni ed è proiettata verso una innovativa concezione della democrazia.

Una democrazia in equilibrio fra sviluppo economico, giustizia, libertà, qualità della vita, efficienza dei servizi, rispetto dell’ambiente.

Una democrazia che evolve: il concetto di libertà di oggi è più avanzato di quello di ieri e probabilmente non coinciderà col concetto di libertà di domani.

Una svolta? Certo, ma che parte da lontano. Dal recupero di un semplice concetto espresso un secolo e mezzo addietro da Alexis de Tocqueville, uno dei massimi teorici del liberalismo: “La democrazia è il potere di un popolo informato”.

Un popolo cosciente e consapevole.



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