A Villa Giusti “quartier generale” degli italiani vicino a Padova la mattina del 3 novembre 1918 iniziarono le operazioni protocollari per firmare gli accordi tra Italia/Intesa e Impero Austro Ungarico/Germania, che avrebbero condotto poi all’armistizio e alla resa degli avversari. La delegazione austriaca, raggiunta Villa Giusti, dove il comando italiano era in attesa, firmò l’accordo con von Webenau, capo della commissione d’armistizio alla fine della prima guerra mondiale.
Veniva decretata concretamente la fine delle ostilità 24 ore dopo la firma del trattato. L’armistizio fu sottoscritto a Villa Giusti alle 15:20, con la clausola che sarebbe entrato in vigore 24 ore dopo. Il giorno 4 di novembre 1918, poche ore dopo mezzogiorno, le armi smisero di sparare. Era la fine della “prima guerra mondiale” iniziata per l’Italia il 24 maggio 1915. Era la Vittoria! I nostri soldati stremati poterono ritornare alle loro case dopo circa quattro anni di dolore, angoscia, paura e sofferenze indicibili.
Inutile sottolineare che il prezzo più alto fu pagato dai giovani militari del Mezzogiorno d’Italia, al punto che taluni storici sostengono che l’esperienza della prima guerra mondiale fu il primo vero atto di unificazione nazionale. I diversi dialetti dei giovani combattenti mano a mano diventarono una sola lingua: quella italiana. I soldati, la maggior parte, sentivano intimamente di combattere per la propria patria. Arrivarono i giorni della “vittoria mutilata” che provocò enorme delusione tra i militari che avevano partecipato alle operazioni belliche.
Nel momento in cui iniziò a circolare la notizia del manifesto del presidente americano Wilson coi famosi quattordici punti, che smentivano gli accordi sottoscritti con le forze dell’Intesa nel maggio 1915 il malumore aumentò. I governanti italiani poterono esercitare scarsa influenza sulla conclusione vantaggiosa dei “trattati di pace”, anche se l’Italia era uscita vittoriosa e rafforzata dalla guerra. Nell’ottobre 1917 frattanto sul versante orientale c’era stata la rivoluzione bolscevica che aveva destituito definitivamente il potere degli zar in Russia e portato a quello del comunismo di ispirazione marxista-leninista.
L’Europa iniziava a cambiare fisionomia, dopo circa un secolo e mezzo dalla rivoluzione francese, perché se i bolscevichi avevano come obiettivo la distruzione della borghesia con l’affermazione del proletariato, a Parigi i rivoluzionari del 1789 speravano che i borghesi potessero definitivamente abbattere l’aristocrazia. Tali idee invasero i vari paesi europei, anche l’Italia, che negli anni 1919/20 (biennio rosso) dovette affrontare difficoltà politiche, sociali, economiche non di scarso rilievo.
Come reazione alla propaganda comunista, prendeva corpo il movimento dei “fasci di combattimento” che in seguito diventerà partito nazional fascista, partito di estrema destra, guidato da Benito Mussolini ex socialista e giornalista de l’Avanti!, che mise a ferro e a fuoco l’Italia con la sua milizia, soffiando sul fuoco delle proteste e strumentalizzando la delusione degli italiani dopo la vittoria mutilata. L’Italia da un evento glorioso passò nel giro di tre anni alla perdita della libertà, inaugurando con l’ascesa del fascismo al potere, il 28 ottobre 1922, il secolo dei totalitarismi che si concluderà il 9 novembre 1989 quando verrà definitivamente distrutto il muro di Berlino. I meno giovani hanno conosciuto il tempo triste della guerra e della perdita della libertà e sono in grado di mettere in guardia i giovani di oggi da guerrafondai di mestiere e da sciacalli di qualsiasi colore. La libertà è come l’aria, se ne sente il bisogno quando manca. Speriamo che le prossime generazioni non saranno costrette a privarsene. Contro tutti i totalitarismi: viva la libertà!