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Salvini, piazza Castello e il doppio forno con Berlusconi. Parla Orsina

È trascorso un weekend burrascoso per la politica italiana. La protesta (anche) Sí Tav a Torino. L’assoluzione di Virginia Raggi nel processo nomine. Gli stracci volati fra Silvio Berlusconi (“siamo nell’anticamera di una dittatura”) e Matteo Salvini (“sciocchezze da frustrati di sinistra”). C’è davvero un unico filo conduttore? Formiche.net lo ha chiesto a Giovanni Orsina, politologo e saggista, in libreria con il suo ultimo volume sulla storia dell’antipolitica nostrana: La  Democrazia del narcisismo (Marsilio).

Fra Berlusconi e Salvini volano parole pesanti…

Secondo me siamo alle solite. Ho letto giornali che da un lato pompano la frattura fra Lega. e Cinque Stelle e dall’altra quella fra Salvini e Berlusconi. Il segretario del Carroccio non può esser preso per scemo: rimane alleato sia degli uni che degli altri tenendo le due porte aperte, non ha alcun interesse a interrompere il gioco. È ovvio poi che Salvini come vicepremier non può far finta di nulla quando Berlusconi parla di governo “anticamera del fascismo”, è costretto a reagire con una certa durezza.

Fra le righe Berlusconi avrebbe ipotizzato un Nazareno bis.

A che pro? Berlusconi in effetti sembra adombrare un Nazareno bis allargato a tutta quella fetta di establishment che non vuole più scendere a patti con i Cinque Stelle.

Di chi parliamo?

Dei grandi e medi imprenditori del Nord ad esempio, che con Salvini ragionano ma non riescono a trovare un’intesa con il Movimento. Tant’è che il discusso tentativo da parte dell’establishment di “romanizzare i barbari” pentastellati sembra svanito, ora l’establishment guarda ai leghisti.

Il Cavaliere accusa Salvini di aver tradito gli elettori. In effetti la manovra gialloverde ha deviato non poco dal programma tripartito con Berlusconi e Meloni…

Sicuramente non è una manovra pro-business. Di centrodestra c’è poco, la flat tax è stata completamente trasfigurata. C’è la soddisfazione per i leghisti del ritocco alla riforma Fornero, che sta molto a cuore al loro elettorato. Quanto al reddito di cittadinanza entro il 2019, gli imprenditori del Settentrione non ne sono affatto entusiasti.

Che idea si è fatto della manifestazione torinese di sabato a piazza Castello?

Devo dire che su questa piazza ne ho lette di tutti i colori. L’hanno definita la piazza del progresso, delle opere pubbliche, dei diritti, dell’antipopulismo. Sinceramente mi sembrano etichette forzate. L’opposizione intellettuale e mediatica a questo governo forza spesso la mano per il semplice fatto che non esiste un’opposizione politica. Sicuramente è in corso una ribellione della parte produttiva di Torino, c’è un coro cittadino contro la decrescita felice grillina, ma da qui a parlare di crisi del governo…

Resta il fatto che in molti hanno letto nella piazza delle “madamin” una sfida al tandem Salvini-Di Maio…

Può essere un primo passo, certamente è il sentore di un malcontento di quella parte del Paese che preferisce lo sviluppo e i lavori pubblici. Ma in piazza c’erano tante realtà molto diverse, c’erano i cartelli Sì Tav ma anche quelli No Ztl, sinceramente mi è sembrata più una manifestazione contro la Appendino che un guanto di sfida contro il governo. Vedremo se a questa iniziativa ne seguiranno altre. Per il momento il fallimento del referendum consultivo su Atac a Roma, che ha mancato di molto il quorum, è un segnale in netta controtendenza rispetto a Torino.

La protesta di Torino deve far preoccupare Salvini?

Molti giornali hanno parlato di una piazza “antisovranista” a Torino, non sono d’accordo. L’elettorato leghista è sensibile alle grandi opere al Nord. Salvini ha un grandissimo capitale elettorale che non può svanire da un momento all’altro, ma sa anche di non poter tentennare a lungo. Per il momento si giustifica con il rispetto del contratto di governo, e tira avanti, rompere adesso non avrebbe senso.

Eppure le tensioni non mancano. L’ultima tegola arriva da Virginia Raggi, che ha parlato di un’Opa di Salvini su Roma.

Girano molte voci. L’amministrazione della capitale può essere una cartina di tornasole per il modello del “buon governo” leghista confrontato ai Cinque Stelle. Non credo però che Salvini sperasse nelle dimissioni della Raggi. In questo momento una dura campagna elettorale per Roma avrebbe incrinato non poco la tenuta del governo. Probabilmente Salvini preferisce aspettare le elezioni europee, e nel frattempo lasciar cuocere la Raggi nel suo brodo..

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