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Perché i sindacati nicchiano sulla manovra

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Nel mentre Dario di Vico sul Corriere della Sera di oggi lunedì 26 segnala le diverse manifestazioni già svoltesi o annunciate nel Nord Italia di varie associazioni di categoria che prendono le distanze dai contenuti salienti della manovra economica del governo gialloverde, sorprende al riguardo il relativo silenzio, o almeno la posizione sottovoce, dei sindacati confederali. Sì, certo è stata messa a punto una piattaforma unitaria che si sta discutendo, soprattutto a livello locale, per raccogliere suggerimenti e integrazioni provenienti dai territori, e si sono anche evidenziati i limiti tuttora significativi in materia di investimenti nella proposta di legge di bilancio. Ma la sensazione netta che si percepisce in queste settimane è quella di un sindacato per certi aspetti sulla difensiva rispetto a posizioni del governo che, almeno sino all’incontro fra Conte, Tria e Juncker di sabato scorso a Bruxelles , era molto fermo nel respingere ogni richiesta di revisione da parte della Commissione Europea.

Indubbiamente non è una posizione facile quella dei sindacati, è doveroso riconoscerlo, dal momento che comunque l’esecutivo dice di voler superare la politica di austerità imposta al nostro Paese, ancor prima che dalla Ue, dal nostro debito pubblico e dalla dinamica dello spread. Bisogna inoltre considerare che molte migliaia di iscritti ai tre grandi sindacati confederali hanno votato il 4 marzo al Nord per la Lega di Salvini – attratti dall’ipotesi di superamento della legge Fornero – e al Sud per il Movimento 5 Stelle, suggestionati dalla proposta di reddito di cittadinanza.

Tuttavia sorprende che mentre alcune autorevoli professioniste di Torino guidino la protesta di piazza contro il ventilato blocco della Tav, e a Roma migliaia di cittadini si riuniscano senza bandiere di partito in Piazza del Campidoglio per protestare contro la giunta Raggi, al momento – ma non vorremmo sbagliarci – non si abbiano notizie di alcuna grande manifestazione, picchettaggio, corteo o presidio organizzati dalle Confederazioni sindacali, anche solo per presentare le loro proposte sulla legge di bilancio.

Qualche osservatore malizioso in realtà ha messo in relazione questo comportamento dei vertici sindacali con il loro timore che il governo, riformando le pensioni e toccando – come si continua ad affermare – le cosiddette pensioni d’oro, finisca col ritoccare anche quelle dei sindacalisti che, pur non potendosi certamente definire pensioni d’oro, hanno goduto e godono tuttora di specifici meccanismi di calcolo che ne elevano l’importo.

Chi scrive non ha elementi per poter affermare che sia fondata questa interpretazione. Si constata tuttavia che sulle grandi scelte di sviluppo del Paese, su cui il governo Conte stenta sinora a trovare il passo giusto, i sindacati confederali stanno mantenendo almeno sino ad oggi un profilo basso, non offrendo quell’apporto di analisi e proposte che invece sarebbe lecito attendersi da essi, accompagnandole con una mobilitazione forte e percepibile dalla grande opinione pubblica.

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