“Non c’è nessun atto che blocchi l’opera, ad ora, solo parole in libertà. Ci sono invece gli impegni presi per gli appalti”. Dopo le affermazioni di qualche settimana fa del presidente della Bce Mario Draghi, che invitava le istituzioni italiane a prestare attenzione alle parole che possono destabilizzare i mercati, questa volta è il commissario straordinario di governo per la ferrovia Torino-Lione Paolo Foietta a ribadire un concetto tanto evidente quanto chiaro e cristallino: a parlare sono solo gli atti.
E a nulla, in tal senso, servono gli ulteriori approfondimenti in termini di costi e benefici voluti dal ministro Toninelli perché l’opera attuale non solo è strategica per la Ue, ma è il risultato di 180 incontri promossi con gli amministratori e le comunità locali dai tempi del primo governo Prodi. Semmai le istituzioni a suo tempo hanno peccato per il troppo silenzio, lasciando colpevole spazio alla protesta, che la rete e i social network hanno trasformato in dissenso.
Il richiamo di Foietta ha fatto seguito a quello di uno dei Commissari Ue, che ha ricordato il valore della Tav Torino-Lione nel quadro dello sviluppo infrastrutturale europeo, il cui ritardo nella realizzazione può essere sanzionato con lo stop dei fondi. Ancora una volta, insomma, ad essere sotto i riflettori è la reputazione e l’affidabilità dell’Italia, perché tutti questi no, tutte queste conflittualità esasperate sui territori, si traducono in un costo economico e soprattutto producono un deficit forte in termini di credibilità.
Il no a tutto, dalle infrastrutture all’Ilva, rischia di compromettere la reputazione del Paese, che invece ha bisogno di tornare a pesare a livello internazionale, per attrarre investimenti, giocare un ruolo decisivo nella gestione delle crisi umanitarie del Sud Europa, e contare nella complicata partita energetica che vede proprio il Mediterraneo al centro delle strategie di Usa, Russia e Cina. Dare centralità al tema delle infrastrutture nell’agenda di governo significa stimolare un percorso strutturato che avvii la costruzione di un ecosistema dinamico per rilanciare gli investimenti nel settore, che devono contemplare anche le opportunità legate alla Digital trasformation, argomento sul quale da sempre il vicepremier Di Maio si è dimostrato sensibile e attento.
La competitività del mondo globale si misurerà sempre di più sulla capacità di sviluppare le infrastrutture fisiche/digitali, velocizzando anche i processi amministrativi delle agevolazioni fiscali, dello snellimento dell’iter autorizzativo e della individuazione di partner economici qualificati (si pensi alle opportunità straordinarie per le regioni del sud con le Zone economiche speciali a fiscalità agevolata).
Il governo, quindi, cominci seriamente a discutere di infrastrutture e del rilancio del sistema delle costruzioni, per dare una prospettiva non solo di sviluppo al Paese, ma anche per aumentarne la credibilità internazionale e aiutare un settore nevralgico per l’economia italiana, che ha perso 600mila posti di lavoro nell’ultimo decennio e che avrebbe bisogno del rilancio del mercato interno (Salini-Impregilo ad esempio fa solo l’8% del suo fatturato in Italia, mentre i suo concorrenti europei in media fanno nei mercati domestici almeno il 40% del proprio fatturato).
Alla ripresa economica italiana, infatti, manca il contributo fondamentale del settore delle infrastrutture. Senza il crollo degli investimenti (60 miliardi di euro) l’economia del nostro Paese avrebbe recuperato nei dieci anni di crisi in media quasi un punto di Pil all’anno, come ha evidenziato del resto anche lo stesso ministro alle Infrastrutture Toninelli, consapevole del ruolo fondamentale che il settore ha svolto per lo sviluppo e la crescita del sistema-Italia.
L’impegno di ciascuno di noi deve andare nella direzione di costruire una nuova cultura del settore, per rimettere al centro dell’agenda le infrastrutture e contribuire alla loro riabilitazione sociale e mediatica: non più metafora della corruzione, ma l’unico strumento in grado di determinare lo sviluppo e l’evoluzione degli ecosistemi, come sta accadendo ad esempio nel porto di Rotterdam, che coniuga cemento e sensori garantendo una serie di servizi innovativi, tra i quali la spedizione connessa. In questo caso il coordinamento e lo scambio di informazioni avvengono in modo efficiente e semplice tramite il Port Community System (Pcs) di Portbase. L’autorità portuale di Rotterdam ha firmato un accordo di cooperazione con la startup blockchain olandese CargoLedger, per utilizzare la sua tecnologia per il tracciamento dei cargo.
Il porto di Anversa, grazie alle potenzialità sempre più emergenti della blockchain, sta introducendo lo Smart Contract-BlockChain, una soluzione per rendere lo scambio di documenti più veloce e sicuro. Questa è la direzione che dobbiamo intraprendere, perché la sfida che ci attende è una sola: modificare la percezione delle infrastrutture.