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Perché è necessaria una politica nazionale sulla blockchain. Parla Pirlo (UniBa)

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La blockchain è sempre di più una realtà. E mentre la sostanza delle cose resta la necessità di capovolgere la staticità digitale italiana degli ultimi anni, allo stesso tempo viene da chiedersi in che modo questa tecnologia moderna si stia effettivamente affermando nel nostro presente. “È indubbio dire che la blockchain esiste, funziona e possiede grandi potenzialità. Ovviamente c’è da analizzare il modo in cui questa si utilizza. Ma in questo momento possiamo dire che è una tecnologia sicura”. Così ha affermato in una conversazione con Formiche.net Giuseppe Pirlo, docente del Dipartimento di Informatica e pro rettore dell’Università di Bari.

“Quando dico che è un meccanismo sicuro, questo non vuol dire che, però, lo sarà per sempre. E questo perché, con l’aumentare delle potenzialità di calcolo dei sistemi, gli algoritmi che vengono utilizzati per crittografare diventeranno sempre meno sicuri”, afferma il professore spiegando la situazione del nostro paese a riguardo: “Siamo partiti come Paese leader nel settore, ma man mano ci stiamo sempre più privando delle nostre aziende importanti che lavorano nel digitale, diventando a nostra volta acquirenti. Dunque, o si fa una politica importante a livello di sistema nazionale, oppure diventerebbe veramente difficile controllare la blockchain. Soltanto in questo modo ci potremo confrontare con le multinazionali senza perdere il controllo. Perché anche se il meccanismo blockchain funzionasse, comunque non lo gestiremmo noi e perderemmo, di conseguenza, anche la gestione dei nostri dati. E questo non sarebbe accettabile”.

Ma qual è il vero problema alla base della questione? “La problematica che sorge è che dietro la blockchain ci sono tanti aspetti che vanno garantiti, come per esempio quelli relativi alla privacy, alla gestione dei dati. Non dobbiamo dimenticare che la tecnologia si può utilizzare avendo alla base un sistema di regole chiare, di dati aggiornati e congruenti. Quando questi non ci sono semplicemente la tecnologia non si riesce a utilizzare in maniera propria. E sulla blockchain, dobbiamo capire se siamo in grado come sistema Paese di adottarla. Perché non è possibile immaginare che in alcune zone si adotti e in altre no. Un utilizzo a macchia di leopardo sarebbe a mio avviso fortemente dannoso. Inoltre, se noi affidiamo il Paese a compagnie terze poi perdiamo completamente il controllo di queste cose”.

Il lavoro da fare è dunque ancora molto. “Se è vero che la blockchain è sicura, è altrettanto sicuro che se i nodi dei detentori di questa tecnologia hanno tutti un nome e cognome, alla fine possono fare quello che vogliono e non andrebbe bene. Ma questo rientra in un problema più generale che è quello della gestione del digitale nel Paese. In sostanza, l’Italia nel campo digitale ha una competenza storica enorme che non deve sprecare, basti nominare il vaso della Olivetti, per esempio”, conclude Pirlo.

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