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È tempo della terza primavera dei cattolici in politica. Nel segno della mitezza

Cei

L’iniziativa assunta dal cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, con il segretario di Stato Pietro Parolin e con don Angelo Becciu, già sostituto alla segreteria di Stato, può essere considerata il nuovo cominciamento, come diceva il compianto Mino Martinazzoli, la terza primavera dei cattolici in politica, dopo quella del Partito Popolare Italiano avviata agli inizi del 1919, quest’anno si celebra il centenario, e quella della Democrazia Cristiana del 1943.

“Il presente è una associazione di carattere politico. Ma nell’anno del centenario del famosissimo appello di Luigi Sturzo ‘Ai liberi e forti’ (18 gennaio 1919) che fu l’atto di nascita del Partito Popolare Italiano e della prima forma di partecipazione organica dei cattolici alla vita politica della nuova nazione italiana, vogliamo costituire un nuovo partito. L’impegno lo prendono i laici, certo, ma la novità risiede, oggi come non è mai avvenuto dopo la costituzione della Democrazia Cristiana, nella spinta decisiva da parte delle gerarchie, Il vescovo emerito di Prato Gastone Simoni, parla dalla sede della Confederazione Internazionale Unione Apostolica del Clero, il rifugio romano nel quale con estrema riservatezza da mesi si trova a lavorare per riorganizzare “un rinnovato impegno dei cattolici nella politica italiana”.

C’è ormai il convincimento che in Italia senza la cultura del popolarismo, senza un Centro di ispirazione cristiana difficilmente si riuscirà a governare. Non a caso l’impegno in prima persona del card. Bassetti e del vescovo emerito di Prato Gastone Simoni, vera forza organizzativa del primo nucleo operativo che poi si diffonderà in tutto il Paese, sono testimonianza di una proficua azione a favore degli italiani. Il tempo che stanno attraversando in questa fase politica e i cinque lustri alle nostre spalle, caratterizzati dal berlusconismo, dal sinistrismo nuovista di vecchia memoria, si può dire ormai tramontato. Il fallimento della dottrina comunista certificato dalla caduta del Muro nel 1989, il dissolversi come neve al sole della rivoluzione liberale annunciata nel 1994 da Berlusconi confermano che né la destra nazional-radicale-liberale né la sinistra social-comunista hanno avuto la capacità, dopo la pseudo rivoluzione giudiziaria degli anni 1992-94, di guidare il governo dell’Italia.

Un cospicuo numero di populisti, qualunquisti e opportunisti inventando ibridi connubi, ircocervi, termini aleatori e anacronistici, oggi con fantasiose sigle come M5S e Lega Salvini premier, che non significano proprio nulla, (in nessun paese dell’Europa, infatti, esistono simili etichette) sta tentando di far credere agli italiani che il nuovo ormai è arrivato, e tutti devono sentirsi toccati dalla gioia, perché è stata raggiunta la terra promessa. Cambiamento, onestà, contratto di governo un lessico nuovo, ma pesante per uomini di saggezza antica. È la conclusione di disastrosi decenni, iniziati con la menzogna di una rivoluzione giudiziaria che doveva fare piazza pulita del malaffare, e che invece è stata solo un’arma violenta per abbattere chi aveva costruito la democrazia repubblicana e che aveva praticato con invidiato successo paradigmi di economia mista. Fu una scientifica e ipocrita operazione, a macchia di leopardo, posta in essere da gruppi di potere nazionali e stranieri, con l’ausilio del braccio armato di certa magistratura contigua al PCI. Il popolarismo è stato e lo è tuttora, cultura storica, concreta, vera che ha fatto la storia della democrazia in Italia e nel Vecchio Continente.

C’è chi ignobilmente sino ad oggi, per conservare la vecchia nicchia di potere mercanteggia, cerca di intorbidire le acque mistificando con la rancida e mai spiegata a sufficienza contaminazione delle culture in politica, grande idiozia degli anni ’90 che con pervicacia e ottusità si vorrebbe riproporre. Basta, per favore. Una apprezzata tradizione, che non è storia del passato, ma del futuro, come il popolarismo non può essere barattata, svenduta, banalizzata da opportunisti e da cantastorie, va rilanciata, spiegata bene e proposta al popolo italiano. Non a caso viene apprezzato e si pone grande fiducia nel lavoro che stanno compiendo gli alti prelati della Curia romana. Una forza politica figlia di una secolare cultura che ha significato tanto per la vita dell’Italia e dell’Europa non deve essere confusa con il nulla culturale e politico chiamato centrodestra o centrosinistra o in altro modo.

La democrazia la costruiscono e la perfezionano i partiti con la propria cultura, politica, religione. È, quindi, necessario riorganizzare un partito, che metta insieme le volontà e dia speranza di buona e onesta politica all’Italia, secondo gli ideali democratici cristiani. Da dopo l’Unità e fino agli inizi degli anni novanta del ‘900 il sistema politico italiano è stato plurale, con presenze caratterizzate, tra cui i cattolici, protagonisti storicamente della costruzione della democrazia in Italia. Chi oggi pretende di governare senza o addirittura contro di loro commette un grave errore, privando la democrazia italiana di una cultura, di una politica, di un’etica che sono state supporto essenziale per la crescita del Paese.

Si dirà che il movimento politico dei cattolici è oggi minoritario, ma dopo i fallimenti conclamati di partiti e partitini, qual è quello maggioritario davvero, col 30% di astenuti? Esiste, sia per cultura, per antropologia che per numeri, una forza politica tanto radicata nel Paese come quella dei cattolici popolari? Certamente no. E allora, la democrazia italiana punti sul popolarismo, per crescere attraverso la partecipazione, per realizzare equilibrio, per riscoprire la moralità nella vita pubblica, per ripristinare quella mitezza della politica che tanto ha giovato all’Italia del passato.

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