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Conte, il democristiano “populista” passa alla “fase due” (e vuole governare a lungo)

Parole dosate con cura. Assenza di spigoli, abbondanza di curve. Attestati di stima, comprensione verso tutto e tutti, ragionevolezza dispensata a piene mani. Persino un riferimento (cauto, cautissimo) all’ipotesi “del terzo o quarto tipo” di rimpasto nel governo. Con questo atteggiamento che sa di antica saggezza democristiana Giuseppe Conte avvia oggi la “fase due” della sua avventura di premier.

Cosa mette Conte al centro della scena politica oggi più che mai? La risposta c’è e segna il vero punto di svolta di questa fase finale dell’anno, punto di svolta che può essere riassunto in tre aspetti essenziali.

Il primo è di evidenza pubblica ed è frutto dell’esperienza accumulata: il professore sta prendendo confidenza con il ruolo, maneggia il rapporto con i media con grande scioltezza e mantiene un rapporto “sano” con l’opinione pubblica, elementi tutti certificati dai più accreditati sondaggi che ne rilevano pressoché quotidianamente il livello di fiducia (tra i più alti mai raggiunti da un primo ministro in carica).

C’è poi una questione di “centralità” che il professore interpreta con abilità su vari fronti. Da quella di garante degli equilibri istituzionali (al Quirinale si spendono parole di stima nei suoi confronti) a quella di interlocutore credibile sui più diversi fronti internazionali (a Bruxelles l’accordo l’ha chiuso lui, non senza qualche passaggio brusco nei confronti del suo ministro Tria e dei commissari UE meno docili) per giungere all’equilibrio più delicato di tutti, cioè quello tra le due forze politiche che compongono la maggioranza. Qui Conte è stato assai abile (almeno per ora), poiché ha chiarito in diversi passaggi di avere un occhio di riguardo per la forza politica che l‘ha proposto (cioè il M5S per bocca di Luigi Di Maio) non senza però riuscire a garantire il pieno rispetto del ruolo della Lega e del suo leader, peraltro forte di un consenso costantemente in crescita da marzo a oggi.

Infine c’è un tema che riguarda direttamente il suo modo di stare sulla scena. Già perché abitualmente è proprio il ruolo di premier che consuma rapidamente, mentre oggi vediamo Conte muoversi con una certa agilità, quasi poco coinvolto dai problemi e dalle polemiche, mentre invece molti suoi ministri (Toninelli, Tria, Lezzi e così via) sono frequentemente presi di mira, per non parlare di Salvini e Di Maio che sono costretti (e in parte ci si tuffano anche quando non proprio necessario) a combattere nell’arena televisiva e dei social praticamene minuto per minuto.

Insomma Conte mostra oggi un cambiamento significativo di atteggiamento che lo rende titolare di una “sua” agenda, di una “sua” strategia, di un “suo” modo di interpretare il governo “populista” (parola che lui stesso rivendica un giorno sì e l’altro pure). C’è un po’ di talento in tutto questo e anche un po’ di fortuna (che nella vita non guasta mai). Ma c’è soprattutto un’abilità tattica: nel nuovo anno le cose (anche al governo, anche nella maggioranza) sono destinate cambiare.

Saranno i dati economici ad imporre nuovi equilibri e ciò sarà ancora più vero nei dintorni delle elezioni europee.
Il professore non solo non vuole subire il cambiamento che verrà, ma vuole cavalcarlo. Piaccia o no a Salvini e Di Maio.

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