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Conte, Tria e la clamorosa rivincita dei tecnici (che non vanno al balcone)

tria conte

Comunque vada a finire dal punto di vista delle cifre, la vicenda della manovra di bilancio (la prima dell’era giallo-verde) ha già dichiarato il suo risultato “sportivo”, segnando la clamorosa rivincita dei tecnici sui politici. È infatti ben evidente come Di Maio e Salvini (il primo ben più del secondo) lasciano sul campo di questo faticoso autunno parte cospicua della loro credibilità, avendo cercato di imporre a tutto il mondo (Quirinale, sistema delle imprese delle rappresentanze sindacali, mondo delle banche e della finanza, giornalisti e accademici, poteri forti di Bruxelles e degli altri paesi Ue) la loro visione delle cose, le loro priorità programmatiche e le loro soluzioni per attuarle, salvo poi dover ingoiare una clamorosa retromarcia che sa, piaccia o noi ai tifosi sfegatati del governo, di ritirata poco dignitosa.

Proviamo a scendere nel merito, senza esagerare sotto il profilo tecnico. Salvini scommette da mesi su quota 100 e una brutale revisione della legge Fornero in materia pensionistica. Ottiene qualcosa di un po’ diverso nel merito ma comunque di non troppo dissimile sotto il profilo del “titolo”, anche se quanto deciso oggi finirà per condizionare non poco gli equilibri di finanza pubblica futuri.

Di Maio fa del reddito di cittadinanza “alfa e omega” del suo stare al governo. Ottiene una norma pasticciata e difficilissima da applicare, estesa ad una platea più piccola di quanto annunciato e quindi assolutamente non in grado di garantire la “fine della povertà” (Luigi Di Maio, Porta a Porta 26 settembre 2018: “Con questa manovra, con questa legge di bilancio, avremo abolito la povertà”).

Sia chiaro, governare è difficile e nessuno ha fatto sconti a questo governo, men che meno a Bruxelles dove una casta di mandarini (tanto spietati e furbi quanto totalmente dissociati dalla realtà sociale del continente) ha usato verso i vincitori delle elezioni italiane una rigidità assai discutibile ma altrettanto prevedibile: Juncker&soci infatti pensano tutto il male possibile dei nostri governanti, i quali, peraltro, non perdono occasione per lanciare missili contro il palazzone intitolato al grande fiammingo e filosofo del diritto Justus Lipsius (a lui era dedicata la via che è stata cancellata per fare posto all’edificio che ospita la Commissione Europea).

Al tempo stesso è però vero che i “nostri” si sono mossi pensando di avere tutte le carte migliori del mazzo, salvo scoprire, settimana dopo settimana, che le alte burocrazie sono sì composte di persone apparentemente gentili e disponibili, ma in realtà capaci di opposizioni furibonde (sempre giocate in punta di diritto) e comunque tali da determinare l’esito finale della gara. Ed ecco allora che i nodi arrivano al pettine (come sempre nella vita), dopo due mesi di proclami trionfanti.

Al tavolo di Bruxelles vanno Conte e Tria che sono certamente membri del governo di cui Salvini e Di Maio detengono le azioni, ma che sono antropologicamente, culturalmente e spiritualmente molto più vicini ai mandarini UE che ai due “bru bru” (chi non coglie il significato dell’espressione dialettale milanese si rivolga a Google) nostrani, non fosse altro per comunanza di studi.

Conte e Tria, svillaneggiati per settimane, si prendono la loro rivincita in pochi giorni, trovando una quadra “sostanziale” che, di fatto, smentisce gran parte della spavalderia improvvidamente portata al balcone di Palazzo Chigi dal giovane Di Maio la sera del 28 settembre, con tanto di piccola folla di deputati e senatori plaudenti in piazza e ridotti (alla faccia della Repubblica parlamentare) al ruolo di tifosi da curva.

Insomma i governanti di professione, italiani ed europei, finiscono ancora una volta per avere la meglio sui poco avveduti sbandieratori della supremazia della politica.

Anche perché tutto questo accade a prescindere dai numeri (che sono in questa vicenda un “optional” di relativa importanza, essendo del tutto non realistico l’originale 2,4 di rapporto deficit/Pil così come destinate ad essere smentite dai fatti anche tutte le cifre successive), poiché la questione è politica e tale è rimasta dal primo all’ultimo giorno.

Dunque Tria e Conte vincono, Di Maio stra-perde e Salvini perde. Lo hanno fatto in malafede (i professori)? No, non sarebbe onesto affermarlo. Diciamo che si sono trovati a loro agio a Bruxelles con dei loro simili, diciamo che si sono presi la rivincita quando il tavolo è diventato quello più favorevole al loro modo di giocare. Ed hanno portato a casa, tennisticamente parlando, un tonico 6-3 6-3.

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