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Separati in piazza. Il contratto non c’è più (e neppure il M5S)

È un sabato bifronte quello che viviamo, perfetto specchio della situazione “bipolare” della maggioranza di governo. Inizia Beppe Grillo sul suo blog, sostenendo a passo di carica la manifestazione No-Tav di oggi a Torino: “È curioso come, a difendere un buco mai fatto in val di Susa, troviamo persone che riferiscono di appartenere a tutto lo spettro delle realtà produttive. Dal piccolo artigiano al medio-industriale i nuovi borghesi trovano un vessillo assolutamente futuristico sotto il quale riunirsi. Non è una bandiera, neppure una coccarda oppure un trattato di qualche parruccone: è una realtà fisica enorme, costosa e inquinante. L’unica cosa che mantiene in comune con un simbolo è la sua inutilità. Accidenti, con una bandiera puoi bendartici una ferita di battaglia, con la Tav, l’acceleratore di mozzarelle, non ci fai nulla. La vera curiosità è rivolta a questa brava gente che mette il Pil insieme al progresso, compie questo gioco di prestigio…. ma perché? La ragione è soltanto una, fare qualcosa di inutile e costoso crea un senso di rassicurazione in molte persone. È lo status symbol a costo zero per te che lo acclami, che addossi alla comunità perché il menefrego della neonata classe del Pil è il vero, nuovo, menefrego di oggi”.

Insomma un Beppe G dei tempi d’oro, quello che fa sognare parlando di un mondo diverso, dove le regole della convivenza “borghese” vengono scardinate in nome di istanze più moderne ed eque. Però anche un Grillo che mai nomina il Movimento, esattamente come ha fatto nel video diffuso in settimana che ha gettato lo scompiglio tra le file pentastellate in Parlamento.

Prosegue Matteo Salvini sul palco a piazza del Popolo a Roma, dove però le drammatiche notizie che vengono dalle Marche rendono l’atmosfera meno allegra ed impongono al ministro dell’Interno di abbandonare i toni troppo battaglieri o trionfali. Comunque Salvini sembra il gatto che gioca con il topo. Fa sfoggio di “mitezza” e pazienza, dice che non metterà in crisi il governo, evita accuratamente attacchi agli avversari politici e si tiene alla larga da ogni forma di punzecchiatura agli alleati. Al tempo stesso però si rivolge all’Italia che produce, esattamente quella messa nel mirino da Beppe G. Nessuno però si faccia trarre in inganno da questa mitezza. Salvini sa far di conto ed oggi ragiona semplice semplice, forte dei sondaggi che spingono le sue vele a folle velocità.

Lui vede benissimo che piega sta prendendo la vita interna al M5S, con Grillo che contesta (senza mai citarli) tutti quelli che seguono la linea “governista” di Di Maio, mentre nei gruppi parlamentari inizia a serpeggiare il malumore, con tanto di primo passaggio di un deputato dalla maggioranza all’opposizione (addirittura con ingresso in Forza Italia). Ma proprio perché vede benissimo tutto questa sa anche che non c’è motivo di calcare la mano, perché tanto i nodi arriveranno al pettine da soli.

Già perché nella Lega sono ormai un po’ tutti convinti del fatto che sarà il Movimento a non reggere a lungo la prova del governo, soprattutto quando in primavera si vedranno i dati economici in ulteriore peggioramento. E quindi vale la pena vestire i panni dei “responsabili”, incoraggiando il dialogo (peraltro già intenso) con tutte le organizzazioni imprenditoriali, che oggi hanno in Salvini l’unico vero interlocutore nel governo.

Ecco, questo è lo stato dell’arte. In mezzo c’è un governo il cui contratto è da riscrivere (come ormai viene dichiarato apertamente), la cui manovra economica si poggia su numeri già superati dalla realtà e la cui composizione non risponde più agli equilibri reali della coalizione. In pochi mesi insomma il M5S è passato da mattatore della scena politica nazionale a zoppicante e riluttante partner di governo del leader leghista con conseguenze che ancora fatichiamo a vedere, ma che certamente consentono di affermare che le cose cambieranno. E persino in fretta.

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