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Cyber spionaggio cinese, dopo il G20 la Casa Bianca cerca un nuovo accordo con Pechino

La Casa Bianca punta a negoziare un nuovo tipo di accordo con Pechino che accantoni quello siglato durante l’amministrazione Obama e che consenta una soluzione ad un problema ritenuto oltreoceano crescente e significativo: il furto di know how americano condotto attraverso cyber attacchi.
Nella serata conclusiva del G20 (dove l’amministrazione Usa ha incassato un buon risultato sui temi commerciali, come ha raccontato Formiche.net) s’è svolto anche l’atteso incontro tra Donald Trump e il presidente cinese Xi Jinping, che s’è chiuso con qualche segnale di distensione, seppure a breve scadenza, e una discussione anche su questo dossier.

I PROSSIMI PASSI

In pratica, Cina e Stati Uniti cominceranno “immediatamente” i negoziati per i “cambiamenti strutturali” riguardo alle questioni, tra le altre, di “trasferimento forzato di tecnologia, protezione della proprietà intellettuale, cyber-intrusioni e cyber-furti”, che si dovranno concludere entro 90 giorni. “Se alla fine di questo periodo di tempo, le parti non saranno in grado di raggiungere un accordo, le tariffe al 10% saranno alzate al 25%”, ha spiegato la Casa Bianca. Sul piano puramente informatico non è ancora chiaro, invece, cosa accadrà (anche se gli Usa hanno da poco rilasciato una nuova cyber strategy che assegna maggiori poteri di azione al Dipartimento della Difesa e un’accresciuta possibilità di attaccare, anche preventivamente, quando sono poste a rischio infrastrutture critiche o tecnologie strategiche per il Paese).

DA CHE COSA DIPENDE

Secondo alcuni analisti, rileva il New York Times, il peggioramento delle relazioni commerciali tra Cina e Stati Uniti ha contribuito all’aumento dei dissapori, nonché all’incremento del numero di attività legate allo spionaggio industriale. Altri ancora sostengono che il restringimento dei controlli delle esportazioni americane in settori critici come quello aerospaziale, nonché le regole sugli investimenti cinesi nella Silicon Valley, abbiano portato i cinesi a tentare di rubare ciò che non possono “comprare”.

IL PATTO INFRANTO

Tre anni fa Barack Obama ha stretto un accordo con Xi, il quale sembrava aver accettato l’idea di porre fine ai tentativi di hackerare i sistemi informatici di compagnie americane. L’intesa è stata celebrata dall’amministrazione precedente, che l’ha definita uno dei primi accordi di questo tipo per il cyber spazio. Poco dopo l’insediamento di Trump, però, il cyber spionaggio cinese avrebbe ricominciato a colpire, e secondo i funzionari dell’intelligence e molte società di sicurezza, avrebbe subito un’impennata nell’ultimo anno.

IL TRASFERIMENTO DI KNOW-HOW

Trump e funzionari dell’amministrazione vedono di cattivo occhio non solo gli attacchi in senso stretto, ma anche gli sforzi di piazzare sistemi e infrastrutture nel Paese (sul 5G la tensione è alta) e quelli di acquisire tecnologie strategiche (da qui lo stop di Trump a molti tentativi, da parte di Pechino, di comprare o di fare partnership con aziende Usa, che invece spesso provano anche attraverso queste operazioni di entrare nell’enorme – e ancora troppo chiuso – mercato cinese).

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