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Facebook e società tech, nuove accuse sulla privacy degli utenti. Report NYT

Ancora acque agitate in casa Facebook. Dopo i due report per la commissione Intelligence del Senato che hanno riacceso i riflettori sulla disinformazione di Mosca ai danni degli utenti americani, un’ulteriore accusa sulla privacy arriva a Menlo Park dal New York Times.

I DOCUMENTI INTERNI

Per anni, scrive la testata dalla Grande Mela citando centinaia di pagine di documenti interni e una cinquantina di interviste ad ex impiegati del social network, il gigante della Silicon Valley avrebbe dato alle più grandi compagnie tecnologiche – da Apple e Microsoft a Netflix e Spotify – un accesso più intrusivo di quanto dichiarato ai dati personali degli utenti.

LA DIFESA DI MENLO PARK

Non è tardata ad arrivare la difesa della compagnia. Intervistato dallo stesso quotidiano, il direttore della privacy di Facebook Steve Satterfield ha detto che nessuna partnership con le aziende ha violato la privacy degli utenti. Dichiarazioni simili sono state rese dalle società coinvolte, che hanno negato abusi. Tuttavia, secondo quanto appreso dal NYT, il social network fondato e guidato da Mark Zuckerberg avrebbe permesso a Netflix, Spotify e Royal Bank of Canada di “leggere, scrivere e cancellare i messaggi privati degli utenti. Privilegi”, si sottolinea, “che sembrano andare oltre quanto necessario alle compagnie per integrare Facebook nei loro sistemi”. L’azienda tech avrebbe inoltre dato a Apple l’accesso a numeri di contatto e al calendario degli utenti, ad Amazon i nomi e le informazioni di contatto, e a Bing – il motore di ricerca di Microsoft – la possibilità di vedere nomi e altre informazioni degli amici degli utenti.

IL REPORT

Ma, come detto, Facebook è stata di nuovo al centro delle cronache anche per i tentativi di disinformazione condotti attraverso la sua piattaforma (e non solo). Negli ultimi giorni è emerso come tutti i maggiori social network sarebbero stati coinvolti in una operazione su vasta scala condotta dalla cosiddetta fabbrica dei troll di San Pietroburgo, l’Internet Research Agency, per aiutare Donald Trump. Non solo in vista del voto per la Casa Bianca nel 2016, ma anche dopo l’insediamento del tycoon, almeno fino alla metà del 2017.

Il quadro, dettagliato come mai in precedenza, è stato delineato in due dossier indipendenti elaborati per la commissione intelligence del Senato Usa, uno preparato dalla Oxford University in collaborazione con l’azienda di analisi dei dati Graphika, l’altro dalla Columbia University con la società texana di cyber sicurezza New Knowledge. Entrambi i lavori sono basati sull’analisi di milioni di post forniti dalle stesse aziende coinvolte, tutti colossi della Silicon Valley intenti a collaborare con il Congresso e gli investigatori che cercano di far luce – soprattutto nell’ambito dell’inchiesta sempre viva sul Russiagate guidata dal procuratore generale Robert Mueller – su quella che potrebbe essere la più grande campagna di influenza condotta sulla opinione pubblica d’oltreoceano.

LA LETTERA DELLE ORGANIZZAZIONI PER I DIRITTI CIVILI

A queste news si sommano le proteste di decine di organizzazioni per i diritti civili, che hanno chiesto allo stesso Zuckerberg e alla numero due dell’azienda Sheryl Sandberg di dimettersi dal consiglio di amministrazione di Facebook per aver ingaggiato l’agenzia di pubbliche relazioni Definers, accusata di aver usato tecniche di propaganda occulta per screditare i detrattori del social network. “Avete ingaggiato la società Definers per indagare, indebolire e attaccare i nostri alleati, imitando le tattiche dei peggiori e riprovevoli esponenti politici e dei gruppi di odio – si legge nella lettera firmata da 32 gruppi – è un’assoluta vergogna che Facebook abbia cercato di sviare le critiche e screditarne i sostenitori sfruttando le campagne antisemite contro il filantropo George Soros”. Tra i firmatati Arab American Institute, Bend the Arc Jewish Action, Freedom From Facebook, Media Matters for America, MomsRising, MoveOn NAACP, National LGBTQ Task Force, Southern Poverty Law Center e The Sikh Coalition.

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