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Un consiglio all’Europa, di rigidità si muore. Parla Vladimiro Giacché

Un accordo tra Italia ed Europa? Possibile, probabile, in fin dei conti auspicabile. Perché prendersi a pugni non conviene, a nessuno dei due. A meno di 20 ore dall’approdo della manovra gialloverde nell’aula alla Camera è più che lecito chiedersi se alla fine tra Roma e Bruxelles scoppierà la pace. Per un Paese che, almeno a sentire la maggiore banca d’affari americana, Goldman Sachs, il prossimo anno crescerà poco o niente, sarebbe meglio augurarselo. La vede così Vladimiro Giacché, economista, oggi alla guida del Centro Europa Ricerche, che in un colloquio con Formiche.net, spiega perché lo scontro che da settimane vede contrapposti governo italiano e comunitario non è un caso. Nemmeno un poco.

Giacché, ma lei ci crede a un’intesa tra Italia ed Europa?

Sì ci credo. O meglio, voglio provare a crederci. Ne trarrebbero un grande vantaggio tutti quanti, Italia, Europa e anche mondo perché no. Nessuno vuole altri problemi, non li vuole l’Italia e nemmeno Bruxelles, non serve un’escalation quando abbiamo già a che fare con la Brexit e con la protesta dei gilet gialli in Francia. Aumentare la destabilizzazione porterebbe solo a nuova destabilizzazione.

Però all’Europa la manovra di Salvini e Di Maio non è piaciuta nemmeno un po’…

Vero. E infatti andava migliorata, soprattutto per la parte relativa agli investimenti. Vede, questa manovra è tutta tesa a rilanciare la domanda interna. Tutto molto bello ma che ne è stato degli investimenti? Voglio dire, questo Paese ha bisogno di leggi di Bilancio espansive… Ce lo ricordiamo ogni tanto che veniamo da manovre che hanno depresso la nostra economia, a partire dal governo Monti? Credo che uno sforzo il governo possa e debba farlo, e che questo possa migliorare il mix della manovra, in cui vedrei bene una maggiore enfasi sugli investimenti. Detto questo, per ballare il tango bisogna essere in due: l’Italia e l’Europa.

Giuseppe Conte, come Alexis Tsipras tre anni fa, ha deciso di scendere a patti con l’Ue. Suona male?

Il momento Tsipras, come lo chiama qualcuno da qualche giorno a questa parte, non ci sarà. Per il semplice motivo che abbiamo avuto il momento Monti. Anche qui bisogna fare esercizio di memoria. Ce lo ricordiamo o no dove eravamo finiti a forza di austerità? Per questo io per la verità credo che il rischio di un momento Tsipras non sia prossimo per l’Italia e che lo allontani precisamente il ricordo di cosa è stato il momento Troika incarnato dal governo Monti. Questo governo si è fatto interprete di esigenze reali, deve solo trovare il giusto modo di discutere con l’interlocutore europeo. Io però credo che il vero problema oggi stia da un’altra parte…

Dove?

Glielo spiego subito. Diciamo che ci siamo buttati alle spalle la peggior crisi del dopoguerra. Ma diciamo anche che un giorno ce ne potrebbe essere un’altra. Allora la domanda è: i Paesi dell’eurozona saranno capaci di reagire? Come pensa che si batta la recessione? Con l’espansione, la crescita, le uniche vere munizioni che funzionano. Il fatto è che oggi Paesi membri non sono in condizione di reagire con manovre orientate alla crescita che l’Europa mette puntualmente in discussione. Finché ci saranno paletti messi a priori su ogni strategia di crescita messa a punto da questo o quel Paese, l’Europa stessa sarà vulnerabile. Di questo si tratta. Di capire oggi che cosa possono davvero fare i governi per fronteggiare le crisi di domani.

Giacché lei nomina spesso la crescita. Goldman Sachs ha appena detto che il prossimo anno cresceremo poco o niente…

Massimo rispetto per grandi istituzioni che dicono la loro. Ma viviamo nell’era del confronto, dove tutti dicono qualcosa. Bisogna poi vedere se è vero, ma certo non è una gran notizia. I mercati dicono la loro, gli analisti anche. Oggi è tutta un’opinione, ma quello che davvero conta è poi cosa si scrive nella manovra.

L’Europa sta maluccio. La Brexit, l’Italia e ora i gilet gialli in Francia. Prove di disintergrazione?

Quello che sta succedendo in Francia è il prodotto di un corto circuito. Un reddito che non risponde più alle esigenze della gente. Il reddito si è sganciato dai consumi, è stato demolito e per questo le persone si stanno incavolando. Creda a me ci saranno delle conseguenze a tutto questo, il disagio è forte, si sente e si tocca. La verità è che in questi anni di ricchezza se n’è creata poca e se n’è distribuita peggio e questo riguarda tutti i Paesi europei. La conclusione è questa. Di rigidità si muore, tutto quello che non è flessibile prima o poi si rompe. E l’Europa ne è l’esempio.

 

 

 

 


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