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Mattis lascia il Pentagono e Trump. Che cosa è successo (e che cosa potrebbe cambiare)

Pentagono

Fuori un altro. Dopo una lunga serie di addii, anche Jim Mattis, il numero uno del Pentagono, da tempo in rotta con il suo presidente Donald Trump, lascia l’amministrazione guidata dal tycoon.

L’ADDIO DI MATTIS

Annunciando la sua uscita su Twitter, Trump aveva parlato di pensionamento per Mattis e non di dimissioni. Ma poi l’alto ufficiale ha chiarito: “Ho avuto il privilegio di servire questo Paese. Sono orgoglioso dei progressi degli ultimi due anni”, Trump merita un segretario alla Difesa con “idee che sono allineate alle sue” anche nei rapporti con gli alleati, ha affermato Mattis nella lettera consegnata alla Casa Bianca.

LO SCONTRO SUL RITIRO DALLA SIRIA

Sono state molte, infatti, le divergenze tra i due, ma le parole del capo del Pentagono giungono il giorno dopo l’annuncio a sorpresa di Trump del ritiro immediato delle truppe Usa dalla Siria, circa duemila soldati che dovranno tornare a casa entro 30 giorni. Una decisione presa contro tutto e tutti, che deve aver colto di sorpresa anche Mattis, decisamente più prudente e contrario a una soluzione di questo tipo, e che deve essere stata la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso.

UNA STRATEGIA CHE NON CONVINCE

Ma la scelta di ritirarsi così in fretta dalla Siria non lascia perplesso solo Mattis. Al Congresso (che già aveva segnalato una posizione diversa sul caso Khashoggi) si alza un coro bipartisan per chiedere al presidente un chiarimento, soprattutto sulla strategia complessiva dietro la sua decisione. A preoccupare c’è innanzitutto il pericolo che l’Isis, marginalizzato in un’area al confine con l’Iraq, possa rialzare la testa. E anche l’alleato Israele, attraverso le parole del premier Benjamin Netanyahu, ha sottolineato che Gerusalemme “continuerà ad agire con forza contro i tentativi dell’Iran di arroccarsi in Siria. Intensificheremo gli sforzi”, ha detto, “e so che lo faremo con il pieno sostegno e appoggio degli Usa”.

CHE COSA POTREBBE ACCADERE

Quel che accadrà ora è tutto da vedere. La nomina del nuovo segretario della Difesa spetta, come noto, al presidente; ma questa deve essere poi ratificata dal Senato, al momento a maggioranza repubblicana eppure sempre più spesso critico verso alcune sue scelte. Si tratta di una leva importante, che probabilmente la camera alta userà tutta. Ma l’uscita di scena di Mattis potrebbe avere ripercussioni anche nel Vecchio continente. L’assertività della Casa Bianca sulla necessità per i partner europei di aumentare le spese in difesa e portarle al 2% del Pil come prevedono le intese Nato potrebbe infatti aumentare (l’ormai ex numero uno del Pentagono era stato, su questo come su altri dossier, un efficace pontiere); mentre, come in altri teatri, a calare potrebbe essere la presenza americana nel quadrante mediterraneo, strategico per l’Italia e con una Libia ancora non stabilizzata.



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