I dati sui flussi migratori nel mondo mostrano un fenomeno di massa epocale, capace di trasformare, nel bene e nel male, le società e i popoli. Rispetto alla grandezza e complessità dell’evento è difficile elaborare una politica migratoria, perché sono in gioco vite umane, sofferenze, speranze, ma anche interessi e valori nazionali.
Le società occidentali sono disorientate e cercano risposte nella morale, nella religione, nell’ideologia, nell’utopia, nello spirito umanitario, nella nemesi storica, nel multiculturalismo, nei diritti umani, nell’economia, nella demografia. Vengono elaborate risposte buone, cristiane, solidali, storicamente giustificate, attente al multiculturalismo, rispettose delle convenzioni internazionali, in linea con la globalizzazione o con le prospettive demografiche. Ma i problemi legati ai flussi migratori di massa permangono e si accentuano, per la carenza di pragmatismo e di attenzione alle controindicazioni dell’immigrazione massiva, per la sottovalutazione degli interessi e dei valori contrapposti, per la parzialità dell’analisi socioculturale del fenomeno.
In alcuni Paesi o in settori delle società occidentali prevale la paura, il bisogno di sicurezza, l’egoismo nazionale, e il rapporto con l’immigrazione di massa diventa difensivo, centrato sul rifiuto dei migranti. Ma anche in questo caso le problematiche non si esauriscono ed anzi spesso aumentano, per la difficoltà di governare i flussi alzando muri, per l’impossibilità di gestire un fenomeno strutturale con misure emergenziali, per le tensioni connesse alla protezione dei diritti umani.
In tale contesto, le opposte visioni sull’immigrazione di massa dividono i Paesi occidentali tra loro e al loro interno, ostacolando fortemente l’elaborazione di una cultura condivisa delle migrazioni e di una conseguente politica migratoria, sostenuta da ampio consenso internazionale e nazionale.
Nel contempo, la parzialità dell’approccio operativo ed ideale, pro e contro i migranti, impedisce di affrontare efficacemente l’insieme dei problemi e di adeguare gli strumenti culturali, giuridici ed operativi per gestire il fenomeno; e inficia la possibilità di una gestione migratoria equilibrata, favorendo sbilanciamenti sul versante dell’accoglienza o della chiusura ai flussi.
Emerge quindi la necessità di superare le divisioni e trovare una base comune tra le forze politiche e sociali, sulla quale costruire una proposta strategica di politica migratoria, senza steccati di parte. Una base comune fondata sulla composizione degli interessi e dei valori connessi all’immigrazione di massa, senza alcuna prevalenza pregiudiziale; sulla tutela dei diritti dei migranti e di quelli degli Stati, con un’azione umanitaria che non preveda rinunce alla legalità e alla stabilità dei Paesi di arrivo; sulla protezione dei valori e degli interessi delle nazioni ma nel rispetto delle convenzioni internazionali a tutela dei migranti e con un effettivo riconoscimento delle potenzialità dell’apporto migratorio.
Per costruire una base comune può essere necessario contrastare le posizioni di quanti, animati da ideali apprezzabili o da comprensibili paure ovvero determinati a strumentalizzare l’immigrazione per fini di parte, alimentino posizioni pregiudiziali, estremistiche o radicali, ostacolando di fatto l’elaborazione di una politica migratoria efficace ed equilibrata.
In tale quadro, alla ricerca di princìpi condivisi, è possibile individuare alcune affermazioni su cui costruire il consenso: la dimensione epocale del fenomeno migratorio impone una strategia di mediazione tra gli interessi e i valori dei migranti e quelli delle comunità nazionali, nel rispetto delle convenzioni internazionali; il fenomeno migratorio attuale non è comparabile con le migrazioni del passato e non può essere utilizzato come risarcimento delle sofferenze del colonialismo; il sostegno alle economie dei Paesi in via di sviluppo costituisce elemento determinante del contenimento dei flussi migratori, mentre l’immigrazione di massa non può essere considerata una valida risposta alle problematiche di sottosviluppo e sovrapopolazione dei Paesi di origine, per la sproporzione tra la domanda migratoria e le possibilità di accoglienza in Occidente ma anche per l’interesse delle popolazioni disagiate ad essere prioritariamente sostenute nei loro Paesi.
Nella stessa prospettiva si può cercare una base comune nel riconoscimento della centralità dei diritti umani dei migranti, tenendo tuttavia presente che i diritti umani sono in continua evoluzione e non sempre si coniugano adeguatamente con il diritto di asilo, in particolare nel caso di flussi migratori di grandi dimensioni; che la progressiva estensione dei diritti umani dei migranti alla sfera sociale, ambientale ed economica non è priva di controindicazioni e può entrare in conflitto con la sovranità degli Stati; che le regole sul soccorso in mare non sono pensate per corroborare i flussi migratori; che non sussiste un diritto del migrante a entrare in un territorio straniero, se non nei casi previsti dallo Stato e dai trattati internazionali; che le convenzioni in materia migratoria meritano riconsiderazione, perché sono state concepite nel dopoguerra, nella logica della contrapposizione tra Paesi dell’est e dell’ovest, per rifugiati in numero limitato, e non sono adeguate alla dinamica tra nord e sud del mondo, per masse di migranti.
Così come si può perseguire un’intesa sul fatto che la posizione del migrante “economico” non sia assimilabile a quella del rifugiato o del migrante soggetto a protezione internazionale; che i profili morali, umanitari e solidaristici dell’accoglienza non abbiano valore assoluto, in quanto chiamati a confrontarsi con i limiti operativi e socioculturali dell’accoglienza, per evitare il conflitto migratorio e l’emarginazione degli stessi migranti; che il contenimento dell’immigrazione irregolare sia parte di una vera accoglienza e di una buona relazione tra cittadini e stranieri, fondata sul consenso; che, principio di chiusura del sistema, l’accoglienza debba essere connessa inscindibilmente all’integrazione, nel rispetto delle convenzioni internazionali, a tutela degli interessi nazionali e della dignità dei migranti.
In sostanza, pur avendo chiare le difficoltà di concordare su materie tanto delicate e complesse, appare corretto abbandonare lo sterile conflitto tra buoni e cattivi, per costruire una politica consapevole dei limiti e delle potenzialità positive e negative dei flussi migratori. Una politica capace di operare una sintesi adeguata e ponderata degli interessi e valori coinvolti, alla luce di una morale della responsabilità che esprima il meglio della cultura laica e cristiana dell’Occidente.