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Perché l’anticapitalismo non risolverà la questione Tav

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Bisogna ritornare sulla manifestazione dei No Tav svoltasi a Torino nei giorni scorsi e che secondo gli organizzatori e alcuni organi di stampa avrebbe superato per il numero dei suoi partecipanti quella promossa qualche settimana prima dalle “Madamine” sempre nel capoluogo piemontese per dire invece Sì alla Tav.

Bisogna ritornarci perché in quella seconda manifestazione, come hanno mostrato numerose immagini televisive, è stato possibile leggere fra gli altri alcuni cartelli in cui si poteva leggere testualmente: “Profitto e capitale uccidono il Pianeta”. Ora, non sappiamo quanti fossero in totale i cartelli con quella scritta o con slogan simili, né sappiamo quanti fossero realmente coloro che si riconoscevano in quelle invettive, in un corteo chiamato ad esprimersi sulla prosecuzione o meno dei lavori della linea ferroviaria Torino-Lione, e che tuttavia ha visto giungere in città da altre parti d’Italia (e non dal solo Piemonte) anche rappresentanti di movimenti e di micropartiti radicalmente anticapitalisti, almeno a giudicare dal contenuto di qualche cartello, che sono sembrati più interessati ad aggregarsi ad un corteo che da soli non avrebbero avuto la forza di organizzare, che non alla questione che sta a cuore agli abitanti della Val di Susa.

Non è certo questa la sede per aprire un dibattito sempre appassionante (almeno per chi scrive) sul capitalismo, il profitto e le imprese che lo perseguono e lo generano – quando ci riescono – o sul socialismo. Anche perché la questione Tav non ci sembra proprio dirimente sul futuro del capitalismo o del socialismo, ma riguarda solo il completamento di un’opera che è strategica per il Paese e per un più rapido trasferimento di uomini e merci fra il porto di Genova, il Piemonte centrale e Lione in Francia, raccordandosi al corridoio ferroviario transnazionale n.5, dal Portogallo all’Ucraina.

Probabilmente alcuni o molti di quelli che hanno partecipato alla manifestazione dei No Tav, in realtà hanno inteso caricarla di significati che non le erano propri, cercando di trasformarla in un meeting iperpoliticizzato e di stampo dichiaratamente anticapitalistico.

Insomma, se il confronto di piazza fra tesi diverse sulla Tav lo si volesse portare invece su parole d’ordine che si richiamino ai massimi sistemi – capitalismo no, socialismo sì – avremmo fondati dubbi che le piazze dei difensori del capitalismo sarebbero meno gremite di quelle degli anticapitalisti puri e duri, mentre la propaganda dei militanti di partiti di estrema sinistra non aiuta (purtroppo) a risolvere i problemi più urgenti sul tappeto.

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