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Perché non romperemo con l’Egitto (ma con l’Arabia Saudita…). Parla il generale Arpino

Sulla coincidenza tra la postura assunta dall’Italia nei confronti dell’Egitto e la mossa con cui una parte della maggioranza di governo pensa alla sospensione dell’invio d’armamenti all’Arabia Saudita “c’è una sovrapposizione che non può essere ignorata”, spiega a Formiche.net il generale dell’Aeronautica Mario Arpino, già capo di Stato Maggiore. “Possibile che ci sia uno scambio sull’Egitto riguardo al caso Regeni. Possibile che sia stato chiesto qualcosa al governo egiziano, il quale abbia replicato con un’ulteriore richiesta. È un’ipotesi azzardata, ma può essere verosimile”.

Ci spieghi: come si intrecciano le cose? “L’Egitto è un paese che ha problemi con l’Arabia Saudita in questo momento. Il Cairo compete con Riad per diventare il principale polo d’attrazione per il mondo arabo, e forse cerca sponde: se l’Italia dovesse decidere pubblicamente sull’interruzione delle forniture militari ai sauditi, allora gli egiziani avrebbe quella sponda contro il regno del Golfo”.

Ma l’Italia e l’Egitto sono ai ferri corti: oggi il segretario della Commissione Affari esteri del Parlamento egiziano, Tarek El Khouly, ha annunciato che dopo la decisione comunicata dal presidente della Camera, Roberto Fico, di sospendere i rapporti col Parlamento egiziano in mancanza di una svolta sul caso Regeni, anche il Cairo farà altrettanto. E dunque? “L’Italia non può realmente sospendere le relazioni con l’Egitto, perché in questo momento i nostri interessi comuni sono piuttosto sovrapposti. C’è per esempio l’Eni che opera sui pozzi egiziani nel Mediterraneo orientale, o ancora la Libia: noi ci stiamo muovendo piano piano, senza mai mollare i progetti onusiani, verso il generale dell’Est libico Khalifa Haftar, che è un uomo dell’Egitto”.

Ragionamento articolato. “Però penso possa essere una chiave di lettura. Capisco che sia politicaccia, ma non è detto che sull’Egitto non si sia creata una sorta di cortina fumogena per coprire più che un allontanamento un avvicinamento, ai danni di Riad, e rendere meno esplicita la scelta di tagliare col paese del Golfo e stringere col Cairo”, chiosa il generale.

Cosa rischiamo, dall’economia alla politica estera, con queste eventuali contro i sauditi? “Dunque, partiamo dalla prima: io credo che siccome è finito il programma di fornitura delle bombe prodotte in Sardegna, e in questo momento non abbiamo altro in piedi nel settore militare, non andremo incontro a troppi rischi di natura economica. È qualcosa su cui abbiamo già guadagnato, e sostanzialmente finito il programma potremmo decidere di non riaprirne un altro”.

E sulla politica estera? “Certamente le relazioni con i sauditi si andrebbero ad annacquare, ma se regge quella mia interpretazione, significa che noi scegliamo l’Egitto, forti di una sorta di delega (non si sa a che titolo) che gli americani ci hanno dato: scegliamo il Mediterraneo e i nostri interessi. L’Italia, non essendo una grande potenza, non ha la forza per giocare su doppi livelli e, considerando che l’Egitto si sta spostando di nuovo verso la Russia, interpreto questa possibile mossa italiana come un modo per sposare l’Egitto e la Russia, senza comunque dispiacere gli americani, che sul Mediterraneo ci hanno dato appunto quella delega di perseguire le nostre priorità”.

E sul fronte interno della politica italiana? Sembra che nel governo ci siano anime contrastanti su certe scelte e posizioni… “Diciamo che con la mossa riguardo ai sauditi si farebbe contenta qualche parte del M5S, che è stato più volte critico sulle forniture di armamenti a Riad. Chiaro, il comportamento sullo Yemen non piace a tanti, e per questo il governo può prendersi del terreno con cui guadagnarsi punti col Vaticano o con realtà come Sant’Egidio”.

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