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Pompeo denuncia un test missilistico iraniano. Le prove contro Teheran

“Il regime iraniano ha appena testato un missile balistico di medio raggio in grado di trasportare più testate”, ha denunciato con una nota diffusa poi su Twitter il segretario di Stato americano, Mike Pompeo. Teheran non commenta, ma su certe questioni l’intelligence americana è infallibile. Anche perché il missile avrebbe la capacità di colpire alcune parti dell’Europa e praticamente ovunque nel Medio Oriente — Israele e Arabia Saudita compresi, due mondi distantissimi nella regione, avvicinati, attraverso il catalizzatore americano, dalla linea dura contro l’Iran. Per questo gli Usa cercano attenzione sul test.

L’Iran viola la risoluzione 2231 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, aggiunge Pompeo, che si riferisce a quella che vieta all’Iran di intraprendere “qualsiasi attività relativa a missili balistici progettati per avere in dotazione armi nucleari”.

“Come abbiamo affermato da tempo, i test missilistici e la proliferazione dei missili dell’Iran stanno aumentando. Stiamo accumulando il rischio di un’escalation nella regione se non riusciremo a ripristinare la deterrenza. Condanniamo queste attività e chiediamo all’Iran di cessare immediatamente tutte le attività relative ai missili balistici progettati per essere in grado di fornire armi nucleari”, ha aggiunto Pompeo.

Gli Stati Uniti hanno più volte condannato il programma missilistico iraniano, considerato uno dei due elementi attraverso cui, secondo Washington, gli ayatollah minano lo spirito del deal nucleare del 2015 — da cui gli Stati Uniti, per scelta trumpiana, si sono tirati fuori.

Sostanzialmente gli americani hanno più volte spiegato che la costruzione di vettori balistici da parte dell’Iran non è altro che la continuazione, senza violare le regole formali del Nuke Deal, del programma atomico. Gli Usa dicono che quei missili, una volta scongelati i reattori, saranno pronti per ospitare le testate e l’Iran proseguirà senza troppi ritardi l’obiettivo della Bomba. Non solo, poi: sebbene  l’accordo sul nucleare non affronti l’aspetto missili, ci sono risoluzioni Onu precedenti che vietano test e sviluppi a Teheran.

Washington sottolinea la violazione con un interesse strategico: gli Stati Uniti vogliono portare sulla posizione anti-Iran anche gli alleati europei, che invece sembrano più restii e interessati a salvare l’accordo. Ma gli americani, oltre ai missili, portano altre prove della scorrettezza iraniana: la diffusione di influenza tramite partiti/milizia all’interno di altri stati dell’area per puntare al dominio regionale. È il secondo dei motivi del ritiro dal Deal.

È un’attività strisciante contro cui israeliani e sauditi combattono da tempo, perché la sentono come una minaccia alla propria stabilità e ai propri interessi. Qualche giorno fa, Israele è tornato a colpire in Siria uno di questi gruppi, il libanese Hezbollah, che ha sfruttato la guerra civile siriana per ricevere armi dall’Iran e rafforzarsi per futuri piani contro lo stato ebraico. I sauditi, invece, combattono apertamente questa influenza in Yemen, dove gli iraniani hanno sostenuto i ribelli Houthi nel rovesciamento del governo filo-saudita di Sanaa.

 



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