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Operazione Scudo Settentrionale, anche Israele sa fare guerra mediatica

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Un’operazione militare al confine con il Libano è cosa rara ed estremamente delicata. Ogni passo falso può dare il via a un’escalation e nel caso peggiore, a una nuova guerra. Sabato 8 dicembre i primi due incidenti. Tre persone si avvicinano alla barriera di confine proprio dove l’esercito israeliano sta lavorando per distruggere i tunnel. Secondo la tv al-Manar, legata a Hezbollah, i tre erano soldati dell’intelligence libanese che si sono avvicinati al confine per raccogliere informazioni sui sensori che Israele avrebbe innestato nella zona. Poi il mistero delle armi sparite dal campo dove sono di stanza i carriarmati – secondo quanto viene divulgato, le armi sarebbero state sottratte dal campo perché abbandonate.

Il fatto che il primo fuoco sparato da Israele non abbia ancora causato una risposta, significa forse che Hezbollah non è interessato a una guerra con Israele – nonostante le minacce dei leader. Altro invece è il piano militare di Hezbollah: usare i tunnel per arrivare in Israele, rapire soldati o cittadini e condurre operazioni di sabotaggio e altre operazioni terroristiche nelle cittadine israeliane al confine.

Israele monitora la situazione dal 2014, ma ha deciso di rispondere adesso e in maniera inusuale. Anzitutto la conferenza stampa è stata molto ben pianificata, con la partecipazione del Capo di Stato Maggiore (assai inusuale), video e il messaggio alla comunità internazionale. Israele dimostra di saper giocare anche la guerra mediatica, quella per l’opinione pubblica, che negli anni ha sempre perso. Hezbollah non può sostenere come Hamas che i tunnel servano per trasportare merci, né che possano servire per la difesa dei confini da un’eventuale aggressione sionista. Infatti nemmeno la stampa controllata o vicina a Hezbollah parla molto dell’Operazione se non come un pretesto israeliano per avvicinare truppe al confine.

Perché adesso? Gli operativi di Hezbollah avrebbero potuto “testare” i tunnel con un’operazione di rapimento nell’attesa di usarli per introdurre in territorio israeliano intere unità. Poi, vi è l’Iran, cui Israele deve mandare un chiaro messaggio, dopo aver incominciato a spedire armi direttamente in Libano. Infine, in questo periodo Hezbollah si sta riprendendo dopo gli anni di combattimento in Siria e ha quasi completato il dominio dello scenario politico in casa: sta addestrando nuove reclute e evidentemente si prepara a un attacco che non sarebbe solo di missili, ma anche di terra.

Israele ha cambiato modo di comunicare, o più correttamente, ha incominciato a comunicare. Anche se l’Assemblea Generale dell’Onu non ha approvato la risoluzione di condanna a Hamas per il voto contrario dell’intero blocco arabo-islamico, il coinvolgimento dell’Unifil e la futura riunione al Consiglio di Sicurezza sul problema Hezbollah sono il primo cambiamento della dinamica passata di risposta a false o distorte rappresentazioni mediatiche degli scontri armati. Infine, i nemici di Israele sono indaffarati a dipingere il Paese come un gruppo di litigiosi corrotti che faranno collassare lo stato per permettere la fine dell’impresa sionista. La presenza del Capo di Stato Maggiore, del Portavoce Idf assieme al Premier dimostrano anche a Hamas, Hezbollah e Iran che nonostante le inchieste, gli scandali e le accuse cui possano esser soggetti i politici, quando si parla di sicurezza ci sono ampie intese e Israele non è più quella di dodici anni fa. Come difenderà il Libano il progetto dei tunnel all’Onu?

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