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Il Regno Unito post Brexit e gli equilibri transatlantici

regno unito

Pubblichiamo la seconda parte di una analisi sulle conseguenze della Brexit. Qui si può leggere la prima parte.

I numeri parlano dell’opportunità di governare Brexit in modo da garantire il mantenimento di intense relazioni tra le parti. Oltre 3 milioni di cittadini europei vivono nel Regno Unito e oltre un milione di cittadini britannici vive in Paesi dell’Ue. Circa 600 miliardi di euro di scambi commerciali tra Unione europea e Regno Unito sono stati registrati nel 2015 prima del referendum su Brexit, incrementati ad oltre 650 miliardi nel 2016 e mantenuti pressoché invariati nel 2017. Senza dimenticare la profonda interrelazione a livello di mercati finanziari con gli oltre 850 miliardi di euro al giorno di strumenti finanziari denominati in euro scambiati principalmente nella City. Ma la collaborazione tra le parti non riguarda solo l’economia ma anche altri aspetti cruciali quali, ad esempio, l’intelligence e la lotta al terrorismo internazionale.

Attualmente la situazione è ancora aperta. Dopo una lunga trattativa le parti hanno raggiunto un’intesa con la redazione di un Withdrawal Agreement che regola i principali aspetti della separazione. Dal mantenimento reciproco dei diritti di cittadinanza, al cosiddetto Brexit Bill, ovvero l’importo che il Regno Unito dovrà ancora versare nelle casse dell’Unione europea per contribuire al bilancio dell’Unione fino al 2020 ed il relativo importo che dovrà essere retrocesso in termini di contributi europei dall’Unione europea al Regno Unito, ai meccanismi di gestione delle cause internazionali ancora in corso e delle attività di pubblica sicurezza, ed altro ancora.

L’approvazione a Westminster del Withdrawal Agreement, ultimo step prima che diventi effettiva, è per il momento naufragata a causa di una previsione, contenuta nell’accordo, relativa al meccanismo del backstop al confine Irlandese che costringerebbe di fatto il Regno Unito nell’unione doganale con la UE a tempo indeterminato, fino a quando non venisse definito un accordo per regolare le future relazioni nel dopo Brexit.

Se il Withdrawal Agreement venisse approvato, ad esempio in seguito ad un chiarimento sul backstop con la previsione di un meccanismo di uscita per il Regno Unito se entro un tempo prefissato non si raggiungesse un accordo sulle future relazioni, allora si passerà alle trattative sull’accordo per il post Brexit. Il modello che verosimilmente avrebbe maggiori probabilità di essere attuato è un Comprehensive Agreement sulla falsariga del Ceta, l’accordo tra Ue e Canada, che in quanto accordo globale andrebbe a regolare efficacemente tutte le principali sfere di interrelazione tra le parti e non solo il commercio dei beni: dal mercato dei servizi, inclusi i servizi finanziari, al reciproco riconoscimento delle qualificazioni professionali, alla partecipazione alle gare di appalto pubbliche, agli investimenti.

A sostenere con forza l’approvazione del Withdrawal Agreement sono la premier Theresa May e la maggioranza dei Tories che la sostiene, e sostegno è arrivato anche da alcuni settori del mondo imprenditoriale e da ambienti della Bank of England.

Laddove invece il Withdrawal Agreement non venisse approvato si aprirebbe una situazione fluida con varie possibilità che vanno da un’uscita senza accordo, sostenuta dai Tories Hard Brexiteers Jacob Rees-Mogg e Boris Johnson, ad un nuovo referendum, sostenuto dall’ex premier Tony Blair e dai movimenti per il People’s Vote, fino a nuove elezioni generali che rappresentano, neanche troppo celatamente, l’obiettivo dei labouristi di Jeremy Corbyn. Si è inoltre parlato di un possibile piano B, al momento più complesso da realizzare, che consisterebbe nell’applicazione del cosiddetto modello Norvegia Plus a termine, ovvero la permanenza del Regno Unito nello Spazio Economico Europeo, che andrebbe necessariamente legato in questo caso anche alla permanenza nell’unione doganale. Con questa soluzione il Regno Unito dovrebbe accettare oltre al mantenimento della libera circolazione delle merci e dei capitali anche quella delle persone. E dovrebbe continuare a contribuire in parte al bilancio dell’Unione. Per questi motivi sarebbe un modello a termine da mantenere in vigore solo fino a quando non fosse raggiunto un nuovo accordo per il post Brexit.

Di certo una soluzione in grado di garantire la prosecuzione di intense relazioni tra le parti, come ad esempio con l’approvazione di un Withdrawal Agreement e la successiva realizzazione di un Comprehensive Agreement sulla falsariga del Ceta, garantirebbe stabilità nell’immediato, e permetterebbe di aprire in un prossimo futuro a nuovi scenari. Quali ad esempio un impegno congiunto tra Unione europea e Regno Unito per una riforma e un rilancio della WTO, o la ripresa del dialogo con gli Usa per la realizzazione della Transatlantic Trade and Investment partnership (Ttip). Una ripresa del dialogo e dell’integrazione economica e commerciale all’interno dell’area atlantica tra i tre principali poli, Usa, Ue e Regno Unito, che andrebbe considerato come blocco a sé stante per effetto di Brexit, permetterebbe in un mondo sempre più multipolare di offrire un importante elemento di stabilità.


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