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Tutti i grattacapi di Bruxelles tra Roma e Parigi

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“Game si over” dicono gli inglesi. Per la verità l’esito finale, lo avremo solo tra un paio di giorni, quando saranno noti i termini reali della manovra, con tutte le loro diversità rispetto a quanto finora conosciuto. Vedremo allora se le bandierine piantate nel proprio territorio o in quello di Agramante corrisponderanno a scelte effettive. E non solo ad un rigurgito di sentimento identitario da un lato o di semplice concorrenza nella logica dei fratelli – coltelli.

Vedremo anche se la pazienza di Giovanni Tria avrà prodotto i risultati sperati. L’aver costretto soprattutto i 5stelle a misurasi con il principio di realismo, che dovrebbe rappresentare il basamento profondo di ogni scelta politica. O, se invece, continuerà la sfida aperta nei confronti dell’Europa tutta. Non solo della Commissione, ma dell’insieme dei membri dell’intero condominio, che ne supportano l’azione. Risultato quanto mai incerto. In questi ultimi giorni il panorama europeo è profondamente cambiato. Se la Francia di Jacques Delors, che è stato il padre dell’euro, (mentre la Germania ne accettava i principi solo come contropartita per la sua unità nazionale) si comporta come si è visto, qualche riflessione in quel di Bruxelles dovrebbe pur prendere corpo.

Francia ed Italia quindi. Tante differenze, ma anche tante analogie. La più importante: da un lato, in Italia, la “cattiveria’, come ci dice l’ultimo rapporto del Censis. Dall’altro, in Francia, la rabbia che genera la grande violenza. Il malessere, nei due casi è comune, gli sbocchi, almeno per il momento, diversi. Populisti e sovranisti hanno quindi svolto un ruolo positivo. Hanno costituzionalizzato il dissenso. Una funzione analoga a quello del Pci nell’immediato dopoguerra. Tesi che non deve inorridire i ben pensanti. Nessuna sovrapposizione teorica tra i due diversi soggetti politici. Ma proprio per questo l’Italia, ora, è simile alla Francia. Le cui jacqueries stanno avendo un effetto detonatore. Minorities agissant teorizzava Cohn-Bendit durante il maggio del ’68.

C’è un dato di fondo che ne segna la possibile comune evoluzione. Interpretazione del disagio sociale, ma per fare cosa? Qual è il progetto politico che entrambi vorrebbero perseguire? Qui il vuoto è assoluto sebbene Beppe Grillo si sforzi di evocare il mondo del futuro. Quando lo sviluppo tecnologico avrà liberato l’uomo dalla fatica quotidiana e le macchine scandiranno ogni momento della nostra giornata. Ma arrivarci. Ed essere ancora vivi. Le tendenze effettive, almeno per il momento, sembrano esattamente l’opposto. Prevalgono gli elementi disgreganti. Una frammentazione sociale che mette in crisi i vecchi santuari del potere, ma non riesce ad aggregare su un minimo comune denominatore. Lo si e visto, con chiarezza, nella giustapposizione sistemica che caratterizza il contratto del governo per il cambiamento.

Una conseguenza, tuttavia, questa confusa situazione l’avrà. Costringerà la Commissione europea a scendere dalla sua torre d’avorio e misurasi con una realtà che non è fatta solo di regole astratte o di algoritmi matematici. La “soluzione italiana” sarà quindi una cartina al tornasole. Di fronte allo smottamento dei due principali partner la Commissione dovrà decidere se far finta di nulla o avviare una riflessione più approfondita sui limiti che la caratterizzano. Che la ragione ne illumini il sentiero.

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