Il presidente ucraino Petro Poroschenko vuole portare l’aggressione russa nello stretto di Kerch di fronte alla Corte Internazionale di Giustizia (CIG). Mentre sale l’attesa per l’incontro fra il ministro degli Esteri ucraino Pavlo Klimkin e quello russo Sergei Lavrov in occasione della riunione ministeriale dell’Osce a Milano il 6 e 7 dicembre, le autorità ucraine sono pronte a far rispondere Mosca del sequestro nel Mar d’Azov di due cannoniere Gyurza-M-Class, la Berdyansk e la Nikopol, e un rimorchiatore, lo Yany Kapu, compresi i rispettivi equipaggi. Secondo gli addetti ai lavori non sarà facile per Kiev giungere fino alla CIG. “La Russia non ha accettato la giurisdizione della Corte, e l’ipotesi di un compromesso ad hoc è improbabile” spiega a Formiche.net Francesco Cherubini, docente di International Organizations and Human Rights alla Luiss Guido Carli. Non è la prima volta, ricorda il professore, che l’Ucraina cerca di portare la Russia di fronte alla Corte: “Esistono delle clausole compromissorie all’interno di singole convenzioni che prevedono la competenza della CIG; è il caso della convenzione sul finanziamento del terrorismo internazionale edella convenzione sulla lotta ad ogni forma di discriminazione di cui la Russia è parte. Tali clausole sono stata sfruttate con successo dall’Ucraina in due casi attualmente pendenti di fronte alla CIG”. Quanto all’incidente nel Mar d’Azov, “la cosa più probabile è piuttosto l’attivazione delle clausole sulla risoluzione dellecontroversie inserite nella Convenzione di Montego Bay sul diritto del mare (Unclos)”. Qui nasce l’intoppo. Perché, ricorda Cherubini, la Russia ha sì ratificato la celebre Convenzione sul diritto del mare, ma per le controversie riconosce solo “la giurisdizione di un tribunale arbitrale sulla base dell’Allegato VII” e, per alcuni casi specifici, quella del Tribunale internazionale per il diritto del mare (controversie riguardanti l’immediato rilascio di navi ed equipaggi) e di un tribunale arbitrale speciale in base all’Allegato VIII. Probabile dunque che l’istanza delle autorità ucraine rimanga senza seguito, almeno di fronte alla CIG, ben potendo, invece, giungere ad altro giudice o arbitro internazionale.
RUSSIA E UCRAINA SONO IN GUERRA? MOSCA A UN BIVIO
All’oggettiva difficoltà di trovare un compromesso in sede arbitrale si aggiunge il dubbio, non proprio una quisquiglia tecnica, su quali siano le norme di diritto internazionale violate dall’incursione dei due pattugliatori russi, il Don e l’Izmrud, che lo scorso 25 novembre hanno aperto il fuoco contro le imbarcazioni di Kiev. Un articolo scientifico di EJL-Talk!, blog specializzato dell’Europan Journal of International Law, rivela il clamoroso bivio cui si trova di fronte il governo russo. L’aggressione nel Mar d’Azov alle navi militari ucraine, scrive James Kraska, è al tempo stesso un’aperta violazione della Carta delle Nazioni Unite e dellaConvenzione di Montego Bay, oppure un legittimo uso della forza? Per capire di quale caso si tratta bisogna prima fare una distinzione: Russia e Ucraina sono o non sono in guerra?
CASO 1: JUS IN BELLO, LA RUSSIA AMMETTE DI AVER INVASO LA CRIMEA
Secondo il paragrafo 70 della decisione nel caso Tàdic del Tribunale penale per l’ex Jugoslavia, si legge nel blog, “un conflitto armato internazionale (IAC) esiste ogni qual volta c’è un ricorso alla forza armata fra Stati e la sua esistenza non dipende dal riconoscimento delle rispettive parti”. Questo è il caso della crisi in Crimea, iniziato “quando le forze armate russe hanno lasciato la base navale del Mar Nero vicino Sebastopoli, in Crimea, e si sono dirette verso il capoluogo Simferopol”. Se dunque il governo russo ammette l’esistenza di un conflitto armato con Kiev e di averlo iniziato, allora è il diritto di guerra (jus in bello), e segnatamente le convenzioni dell’Aia (1899-1907) e Ginevra (1949), non la convenzione Onu (Unclos) del 1983 (jus ad bellum), a regolare l’incidente nello stretto di Kerch. Poiché le navi ucraine appartenevano alla Marina Miliare, secondo le citate convenzioni dell’Aia e di Ginevra i pattugliatori russi avevano il diritto di “catturare, attaccare o finanche distruggerle senza preavviso”. In poche parole, quando il governo russo difende l’aggressione nello stretto riconosce implicitamente l’esistenza di un conflitto armato con l’Ucraina (Iac) e di conseguenza l’invasione della Crimea.
CASO 2: JUS AD BELLUM, LA RUSSIA HA VIOLATO IL DIRITTO INTERNAZIONALE
Peccato che la Russia si sia sempre guardata dal riconoscere l’annessione della Crimea come l’inizio di un conflitto armato. Se dunque conflitto non c’è, allora l’aggressione a Kerch costituisce una gravissima violazione del diritto internazionale. Troppe le convenzioni ratificate dal governo russo da chiamare in causa. Mosca accusa le navi di Kiev di aver violato gli articoli 19 e 21 della Convenzione di Montego Bay che regolano il passaggio inoffensivo di imbarcazioni straniere in acque territoriali. Ammesso che le cannoniere ucraine si trovassero nelle acque russe, il loro passaggio non doveva comunque richiedere il permesso della marina russa ai sensi dell’art. 21 perché lo stretto di Kerch “gode di uno status speciale ai sensi dell’art. 37 come stretto per la navigazione internazionale, poiché connette il Mar Nero al Mar d’Azov”. Non esiste un’altra via per raggiungerlo. In questi casi la convenzione permette il diritto di transito alle navi straniere. Per di più, scrive James Kraska, le operazioni di pilotaggio rivendicate come legittime dai russi sono sottoposte dalla convenzione di Montego Bay a un’autorizzazione preventiva dell’Organizzazione Internazionale del Mare (Oim) che le navi russe non hanno ricevuto.
Non è tutto. Sempre ammesso che la Russia non sia in guerra con l’Ucraina, il sequestro delle cannoniere e del loro equipaggio costituisce una violazione dell’immunità sovrana ucraina. L’art. 32 dell’Unclos stabilisce infatti che le navi da guerra, in quanto appartenenti alle forze armate, battenti bandiera nazionale e guidate da un comandante designato dal governo, godono dell’immunità internazionale. Quand’anche una nave militare entrasse nelle acque territoriali senza preavviso, il governo russo potrebbe solamente “richiederle di abbandonare immediatamente il mare territoriale”, non certo speronarle arrestando i marinai.