Parlando alla Stampa Estera, il vicepremier italiano Matteo Salvini ha detto che “l’asse franco-tedesco” sta mostrando dei limiti, e “visti i problemi che ci sono in Francia, l’Europa può ripartire dal dialogo tra Roma e Berlino” – “Farò di tutto per rinnovare un nuovo asse Roma-Berlino”, ha scritto in un tweet il leader della Lega.
“Sono soddisfatto per questo tweet di Salvini – ci dice Carlo Pelanda, professore di geopolitica economica dell’Università Guglielmo Marconi di Roma – perché sono mesi che sto osservando questo possibile allineamento e ne sto scrivendo. Credo che sia necessaria una convergenza tra Roma e Berlino, non tanto per amore (“Non ci amiamo”, aggiunge, e “per questo non sarà facile”. Ndr), ma per interessi”.
Tutto questo ha senso, spiega il professore: “E la questione non sta tanto nella debolezza dell’asse franco-tedesco, che per tante ragioni, a cominciare da quelle geopolitiche, resta forte (i due paesi non possono litigare): però questo non significa che non ci sia una frattura in cui l’Italia possa inserirsi e giocare il suo ruolo”.
Che genere di spaccatura? “Le relazioni tra Francia e Germania sono ottime fin dal Trattato dell’Eliseo del 1963, però c’è un sentimento di allontanamento che con la presidenza Macron s’è fatto più forte. Forse perché Parigi ha iniziato a chiedere alla Germania questioni troppo grandi. Per esempio la difesa europea: Berlino non ha mai smentito le proposte francesi, però consideriamo che ha come fatto finta di pensare a cose tipo un caccia di futura generazione (il primo programma congiunto su cui la difesa europea potrebbe contare concretamente, ndr), e poi nel frattempo ha chiesto come controbilanciamento alla Francia che il seggio al Consiglio di Sicurezza dell’Onu diventasse europeo, ossia tedesco. Figuriamoci la risposta dei francesi”.
“Una altro grande tema – aggiunge il professore – è il trattato simmetrico di libero scambio con gli Stati Uniti”. A ottobre, il presidente americano Donald Trump ha annunciato al Congresso che intende portare avanti tre trattati commerciali importanti, e tra questo c’è quello con l’Unione Europea. “La Francia non vuole questa roba qua, ma la Germania non può farne a meno, quindi la Germania deve per forza essere disponibile a un negoziato con Washington, e questo anche se vuole crearsi maggiori aperture nel mercato cinese”, spiega Pelanda.
E il ruolo dell’Italia? “Per l’Italia è essenziale che si crei un mercato aperto con gli Usa, e per questo Berlino può cercare l’alleanza con Roma, e non con Parigi. I tedeschi hanno già dalla loro parte l’Olanda e in parte la Spagna, poi c’è la Polonia americanizzata, ma se ci fosse l’Italia allora il fronte sarebbe completo”.
“Ci tengo a precisare che l’élite tedesca capisce molto bene l’importanza dell’Italia”, continua il professore, che spiega che “il problema della Germania è che in generale c’è un’idea dell’Italia molto negativa tra i suoi cittadini, e questo complica le operazioni pubbliche, ma non impedisce convergenze politiche”.
“Il tweet di Salvini, tra l’altro, entra in una situazione in cui tra corpi intermedi italo-tedeschi (penso alle Confindustria dei due paesi) hanno avviato i contatti, e hanno rilevato sostanzialmente una cosa: non ci amiamo, ma siamo perfettamente integrati in quello che può essere visto come un unico sistema industriale, che la Francia non ha”.
Inoltre, spiega il professore, in termini di interessi di politica estera, sia Germania che Italia “sono potenze mercantili, il Pil tedesco per il 52 per cento dipende dall’export, e quello italiano ha una dipendenza molto superiore in termini reali al venti per cento che dicono le statiche. Dunque, Roma e Berlino devono trovare un modo per costruire un’architettura del mercato globale che sostenga le esportazioni. E possono farlo insieme, per esempio giocando la stessa partita sul trattato commerciale con gli Stati Uniti. Di più: dovrebbero prima mettersi d’accordo con Washington e poi capire insieme agli americani quali spazi ci sono con Cina e Russia. La Germania da sola non ce la può fare a spingere questo processo, e l’Italia nemmeno, e allora ecco che l’allineamento di due delle tre grandi d’Europa diventa fondamentale”.