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Tutti i segreti della disinformazione iraniana secondo Reuters

cyber, cybersecurity

Una rete di oltre settanta siti web diffonderebbe propaganda filo iraniana nel mondo. L’operazione di disinformazione – scoperta in prima battuta da FireEye e ClearSky e poi approfondita da Reuters, sarebbe elaborata a Teheran e opererebbe dal 2012 in almeno quindici Paesi.

LA MANO DI TEHERAN

Le due ricerche, se confermate, stabilirebbero una netta correlazione tra i siti “incriminati”: dall’evidente retorica anti occidentale e anti israeliana, fino alla provenienza dei contenuti multimediali. Molti di queste, infatti, riportano storie, video e cartoni animati forniti da un’agenzia online chiamata International Union of Virtual Media, che ha sede a Teheran. Iuvm, si legge nell’analisi, possiede circa 11 siti web con nomi come iuvmpress, iuvmapp e iuvmpixel. Insieme formano una libreria di materiale digitale, incluse app per smartphone, articoli provenienti da media statali iraniani, immagini, videoclip e storie da altre parti della Rete, tutto a supporto delle politiche di Repubblica Islamica. Nella descrizione del sito principale di Iuvm è poi riportato come tra gli obiettivi dell’agenzia ci sia quello di confrontarsi con i governi occidentali.

LE PRIME AVVISAGLIE

Le indagini di FireEye sono iniziate ad agosto, e hanno riguardato anche i principali social network. Alcune di queste agenzie sono state costrette a chiudere (o a veder chiusi) i propri spazi su Facebook e Twitter: la società di Zuckerberg in particolare ha rivelato di aver cancellato 82 tra pagine, gruppi e account collegati alla campagna di disinformazione iraniana.

LE INDAGINI DI REUTERS

Reuters ha scoperto, nell’ambito di un’indagine durata diversi mesi, che la rete mediatica iraniana sarebbe arrivata a lavorare in sedici lingue diverse rivolgendosi agli utenti di Internet soprattutto nei Paesi meno sviluppati. Il fatto che siano stati in grado di raggiungere lettori in società strettamente controllate come l’Egitto mette in evidenza, secondo l’agenzia, la portata della campagna.

LE ULTIME SCOPERTE

I principali siti web ritenuti legati a Teheran comprenderebbero: Nile Net Online (Egitto), Another Western Dawn, dieci siti web indirizzati a lettori yemeniti (il Paese in assoluto più colpito), altrettanti in Sudan – soprattutto Sudan Today – e un portale chiamato Realnie Novosti, o “Real News”, per i lettori russi. Tutti i siti sostengono chiaramente il governo iraniano e amplificano l’antagonismo verso Paesi considerati ostili da Teheran, in particolare Israele, Arabia Saudita e Stati Uniti.

L’UTILIZZO DEI SERVIZI USA

Non solo: più di 50 tra i siti individuati utilizzerebbero fornitori di servizi web americani Cloudflare e OnlineNIC. Secondo la legge degli Stati Uniti, le società di hosting e di servizi web non sono generalmente responsabili per il contenuto dei siti che servono, ha affermato Eric Goldman, co-direttore dell’High Tech Law Institute presso l’Università di Santa Clara. Tuttavia, dal 2014, le sanzioni statunitensi sull’Iran hanno vietato “l’esportazione, direttamente o indirettamente, di servizi di hosting web che agiscono per scopi commerciali”. Un portavoce di OnlineNIC ha dichiarato a riguardo che nessuno dei siti ha confermato di avere una connessione con l’Iran nei dettagli della registrazione e che la società si è pienamente conforme alle sanzioni statunitensi e agli embarghi in essere.


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