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Trump nel pantano giudiziario. Ma sull’Obamacare respira ossigeno politico

“Useremo ogni area della legge per indagare sul presidente Trump, sulle sue transazioni commerciali e su quelle della sua famiglia”, ha detto giorni fa la donna che sarà dal mese prossimo procuratrice generale dello stato di New York, Letitia James, a Nbc News; James comanderà la giustizia nello stato in cui ha sede la Trump Foundation, la grande società della famiglia Trump ora in mano ai figli, e tutte le succursali collegate, ed è molto lanciata nel cercare di scoprire se c’è del marcio dietro o attorno al presidente, per questo è considerata il suo nuvo incubo peggiore.

Ma non è da sola. “Due anni dopo che Donald Trump ha vinto la presidenza, quasi tutte le organizzazioni che ha guidato nell’ultimo decennio sono sotto inchiesta”, scrive il pezzo di apertura del Washington Post, cofirmato da tre giornalisti tra cui David Fahrenthold, vincitore nel 2017 del premio Pulitzer per la copertura della (rin)corsa elettorale di Trump nel 2016.

Cause civili interessano le sue società riguardo gli affari con governi stranieri e le pratiche fiscali; il Russiagate (l’inchiesta guidata dal procuratore speciale Robert Mueller su interferenze e collusioni russe durante le presidenziali) scandaglia ogni angolo dell’universo Trump e ha già portato a condanne serie; il comitato inaugurale è minacciato da un’inchiesta sulle donazioni dall’estero che il presidente della Commissione Intelligence della Camera, il democratico entrante Adam Schiffannuncia come pronta appena la nuova assise a guida Dem si insedierà a gennaio (e secondo il Wall Street Journal c’è roba da scovare); pure la charity di Trump è sotto indagine in una corte di New York; Trump s’è pure beccato una denuncia da un’ex concorrente dello show televisivo che conduceva.

L’accerchiamento è completo, gli insider che non aspettano altro per parlare anonimamente ai media americani descrivo Trump nervosissimo per la situazione (e chi non lo sarebbe, ndr). Le probabilità che qualcuna delle pratiche aperte possa portare conseguenze legali per la presidenza è praticamente nulla, perché la linea storica di dipartimento di Giustizia e Corte Suprema è quella di tenere al riparo un presidente in carica da accuse di crimini federali. C’è la possibilità – anche qui stiamo in un campo molto remoto e fantasioso – di procedure politiche, quelle sì, dato che alla Camera saranno i democratici ad avere la maggioranza: potrebbero decidere di avviare la procedura di impeachment, che però troverà immediatamente l’ostacolo del Senato, dove per andare avanti dovrebbe ottenere i due terzi dei voti (e la camera alta è ancora in mano ai repubblicani, che difficilmente voteranno contro la loro presidenza a meno di sorprese legate a faccende clamorose), e poi i complessi step successivi.

Ma il punto è questo che scrive il WaPo: “Tuttavia, c’è stato un impatto immediato su un presidente abituato a dettare i cicli di notizie del paese, ma che ora lotta per stare al passo con loro: Trump è stato costretto a spendere il suo capitale politico, e quello del suo partito, in sua difesa”. Una situazione che mette in imbarazzo i congressisti repubblicani, che a Capitol Hill fanno slalom cercando di evitare i microfoni dei giornalisti che chiedono commenti sulla questione; il pezzo del Post non è l’unico che in questi giorni è uscito negli Stati Uniti sull’argomento.

Il 2019, il terzo anno di presidenza, si preannuncia complicato, ieri però da un tribunale è arrivata una notizia confortante per Trump (non è chiaro quanto per tutti i suoi cittadini, ndr), e la Casa Bianca l’ha subito cavalcata dal punto di vista politico. Un giudice federale del Texas ha definito “incostituzionale” l’Affordable Care Act, più noto come Obamacare, ossia la legge quadro sulla sanità varata dall’amministrazione precedente. Trump, cavalcando il sentimento di una parte di americani e una posizione da sempre assunta dal partito che rappresenta, sta facendo di tutto per smontare pezzo per pezzo la legge (è una delle grandi promesse elettorali che sta trovando varie difficoltà dal punto di vista pratico).

La decisione del giudice texano non porterà a niente nell’immediato, ma la faccenda andrà davanti alla Corte Suprema: perché il verdetto è stato espresso sulla base di una denuncia avanzata da diversi governatori e procuratori generali del Partito Repubblicano che intendono andare fino in fondo – dall’altro lato, i democratici, hanno già annunciato ricorsi.

Per Trump è comunque una vittoria politica, che esce da una corte federale. La decisione è stata presa contro il punto da sempre contestato dai conservatori: è stata dichiarata incostituzionale l’obbligatorietà che l’Obamacare impone a ogni individuo di stipulare una polizza assicurativa sanitaria. È questa la base con cui la legge studiata da Barack Obama – agendo al ribasso sul mercato delle assicurazioni – permette tuttora una polizza a tutti i cittadini con cui garantire assistenza a milioni di americani che prima erano tagliati fuori. Ma se il principio è contro la Costituzione (fondata sulle libertà dell’individuo davanti allo stato) allora tutta l’impalcatura della legge dovrebbe esserlo e perciò va abolita, dicono Trump e i repubblicani.

 

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