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L’esuberanza turca sulla Siria del Nord, che non piace a Putin

cipro, Erdogan

Per i botti di fine anno è ancora presto, ma il tweet dello Ypg di queste ore è un anticipo sul fatto che l’anno nuovo per per il presidente Erdogan potrebbe iniziare con un grosso nervosismo.

L’organizzazione militare curdo siriana, che per la Turchia è il braccio siriano del Pkk e quindi un’organizzazione terroristica, ha chiesto aiuto niente meno che a Bashar al-Assad, perché intervenga con l’esercito siriano per proteggere i distretti di Manbji e Kobane, che lo Ypg si prepara a lasciare sotto il suo controllo. Quello che fino a poche ore fa sembrava un gesto disperato, non solo è diventato realtà, vuole dire anche che gli equilibri in Siria potrebbero cambiare presto e che, se fino a questo momento, Putin ha lasciato la Turchia sostanzialmente a briglia sciolta, i territori a est dell’Eufrate devono rimanere off-limits.

Tutto questo, accade proprio mentre Turchia scalpita e vorrebbe fare partire l’offensiva nel Nord della Siria contro i curdi siriani dello Ypg. Ma il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan se la deve vedere con il super alleato, Vladimir Putin, che non sembra molto entusiasta né dei piani di Ankara.

Domani una delegazione di alto profilo partirà dalla capitale turca per recarsi a Mosca. Ne faranno parte il ministro degli Esteri, Mevlut Cavusoglu, il ministro della Difesa, Hulusi Akar, il capo dell’Intelligence, Hakan Findan e Ibrahim Kalin, uno degli uomini più vicini al presidente Erdogan. Rumors dai corridoi del potere dicevano che ci sarebbe dovuto essere un incontro fra i due capi di Stato, ma pare che Putin abbia stoppato l’iniziativa. Gli alleati, forse, si parleranno in un secondo momento, quando si sarà capito come gestire l’esuberanza turca.

Di certo, la decisione di Donald Trump di ritirare le truppe americane dalla Siria ha scombinato, e non poco, le pedine sullo scacchiere dello Stato Mediorientale. Ankara ha fatto subito sapere di essere preoccupata per la possibile penetrazione di gruppi terroristi di matrice curda e jihadista nelle posizioni lasciate vuote dagli americani. Dove i primi, inutile dirlo, destano molta più preoccupazione dei secondi. Sono almeno 10 giorni che la Turchia continua ad ammassare truppe e carri armati sul confine,

Ma i quotidiani turchi in queste ore hanno riportato alcune indiscrezioni secondo le quali la Russia vorrebbe che quei territori restassero nelle mani dei siriani, quindi dello Ypg, che ha aiutato Washington in tutti questi mesi a tenere le posizioni. Le indiscrezioni sono diventate fonte di irritazione per Ankara quando a ribadire il concetto è stato niente meno che la portavoce del ministero degli Esteri di Mosca, Maria Zakharova, che, per sostenere le tesi russe, ha citato il diritto internazionale. Con le notizie delle ultime ore, sembrerebbe proprio che Putin e Assad siano diventati i nuovi garanti della minoranza curdo-siriana.

Da qui a dire che la Turchia deve uscire dalla Siria del nord il passo è breve ed è proprio quello che la delegazione proveniente da Ankara deve cercare di evitare domani. Del resto, che la presenza per Putin sia una garanzia, è facilmente intuibile. Il presidente russo, si fida dell’alleato turco solo fino a un certo punto e, sicuramente, non per quando concerne il capitolo sicurezza e lotta al terrorismo jihadista.

Ankara per lungo tempo è stata sospettata di collaborare con lo Stato Islamico, sperando di poter annientare i curdi e rovesciare Bashar al-Assad e dall’inizio della crisi siriana le viene imputato di finanziare le fazioni più dubbie dell’opposizione. Appare piuttosto chiaro che, con queste credenziali, Putin, che l’incubo del terrirismo jihadista ce l’ha in casa, preferisca vedere le armate della Mezzaluna il più lontane possibile dalla sponda dell’Eufrate, soprattutto da Manbji, dove, nel frattempo, sarebbero arrivate le armate governative di Assad, pronte a scontrarsi con i turchi se ve ne fosse bisogno.


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