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Ecco come può cambiare il welfare aziendale italiano

welfare crisi

L’innovazione della Pa italiana come un trapianto di cuore. Così il ministro della Pubblica amministrazione, Giulia Bongiorno, dal palco del Welfare Forum 2018 promosso questa mattina da Unipol al Centro studi americani. E l’operazione chirurgica in questione, va fatta a tutti i costi. Pena, l’essere la settima economia mondiale ma con una macchina pubblica decisamente obsoleta. Ci rimetterebbe anche il welfare aziendale, il complesso sistema di tutele per lavoratori e datori, legato a doppio filo al buon funzionamento della burocrazia, dunque dello Stato.

Economisti ed esperti, oltre ai vertici del gruppo assicurativo, il presidente Pierluigi Stefanini e il ceo Carlo Cimbri, si sono dati appuntamento per discutere di un tema tra i più delicati del momento: e cioè, nel momento in cui si discute di uscita anticipata dal mondo del lavoro (la famosa quota 100), che cosa sta succedendo dalle parti della cosiddetta white economy. Il sistema è infatti strettamente connesso alla Pubblica amministrazione visto che le prestazioni sono erogate dalle aziende, dunque dai privati, ma appoggiandosi sulla macchina pubblica.

Utili consigli sono emersi dal dibattito, per aggiornare un’economia, quella legata al welfare aziendale, pioniera su molti aspetti, ma incapace spesso di tenere il passo dei tempi. Per esempio, si legge nel documento Unipol, occorrerebbe “intervenire con azioni orizzontali e non verticali o settoriali, per esempio garantendo infrastrutture di rete e favorendo gli investimenti privati, riconoscendo alle iniziative private di investimento sul welfare, come la sanità integrativa il merito di contribuire a un bene e un interesse pubblico. In altre parole, deducibilità delle spese, integrazione tra i trattamenti fiscali di favore oggi previsti per le varie componenti del welfare”.

Ancora, “è necessario incentivare le adesioni alla previdenza complementare, e al welfare integrativo più in generale, soprattutto da parte delle giovani generazioni, che ancora una volta sono tenute totalmente fuori da ogni logica di riforma e attenzione politica. D’altra parte, il compito non può essere lasciato solo sulle spalle delle istituzioni e degli operatori economici e socio sanitari: è invece altrettanto necessario che si diffonda, anche rispetto a queste tematiche, una cultura della responsabilizzazione individuale e della meritocrazia tra i cittadini”.

Secondo Alberto Brambilla, presidente del Centro Studi Itinerari previdenziali, “oggi il settore del welfare aziendale in Italia si trova in una fase di iniziale crescita, seppure appaia ancora lontano dall’essere maturo. Ma quanto sono sviluppate le iniziative di welfare aziendale? Dai dati si può intuire come i vantaggi offerti dal welfare aziendale siano appannaggio prevalentemente dei lavoratori di grandi aziende, caratterizzate da una forte presenza sindacale”. Le attuali criticità per il welfare aziendale italiano, sono essenzialmente due. “Uno dei limiti principali si riscontra nella contorta e burocratica realizzazione del contratto per stabilire i premi di produttività o di risultato da trasformare poi in welfare. Il tessuto imprenditoriale italiano è fondato su microimprese dove le rappresentanze sindacali interne alle imprese sono pressoché assenti”. E poi “un altro aspetto è rappresentato dalla proposta di introduzione della flat tax: in tale ipotesi (peraltro i Paesi che l’hanno introdotta sono pochi e alcuni stanno ritornando al precedente sistema), verrebbero eliminate tutte le detrazione e deduzione fiscali che hanno sin qui fatto da volano”.

Ai microfoni di Formiche.net il ceo di Unipol Cimbri ha dato la sua lettura circa la situazione del welfare tricolore. “La prima cosa su cui dobbiamo lavorare è certamente la percezione della gente verso strumenti in grado di integrare le prestazioni erogate dal pubblico. Dobbiamo capire come far sì anche attraverso il welfare aziendale noi riusciamo a mantenere alto il livello di protezione sociale”. Secondo Cimbri “occorre far sì che sempre più imprese e non solo quelle grandi ma penso al resto del sistema produttivo, possano accedere con sempre maggior facilità a strumenti di welfare”.



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