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Così Nicola Zingaretti si rafforza in vista delle primarie dem

Nessuna sfiducia, ma anzi risultati e segnali che lo rafforzano alla guida del Lazio e pure nella corsa a segretario del Partito Democratico. Quello che rischiava di essere il fine settimana del ribaltone in consiglio regionale, si è trasformato per Nicola Zingaretti in un passaggio, se non decisivo, comunque rilevante nel percorso di consolidamento della sua figura a livello nazionale e dentro il Pd. Il governatore è riuscito a superare indenne la mozione di sfiducia presentata nei suoi confronti e, al tempo stesso, a ottenere l’elezione a segretario dem del Lazio del suo candidato, il senatore Bruno Astorre – molto vicino peraltro all’ex ministro dei Beni culturali Dario Franceschini – che ha vinto le primarie regionali di ieri. E nel frattempo i sondaggi continuano a darlo in testa rispetto ai due avversari più temibili, l’ex ministro dell’Interno Marco Minniti e il segretario uscente Maurizio Martina.

LA SFIDUCIA RESPINTA

Alla Pisana – l’area di Roma in cui ha sede il consiglio regionale del Lazio – Zingaretti e i suoi hanno tenuto senza andare, com’era possibile, in minoranza. Un risultato nient’affatto scontato visto che il voto dello scorso 4 marzo non ha consegnato al governatore la maggioranza dei seggi in aula: ergo, se tutte le opposizioni avessero votato compatte, la sfiducia sarebbe stata inevitabile. Ma così non è andata, pure per il lavoro di cucitura politica portato avanti in questi giorni, tra gli altri, anche dal vicepresidente della giunta Massimiliano Smeriglio. Alla fine Zingaretti ha ottenuto 26 a favore e 22 contrari: un successo reso possibile soprattutto dalle defezioni del centrodestra. La consigliera di Forza Italia Laura Cartaginese ha votato insieme al centrosinistra, mentre in aula risultavano assenti al momento del voto Sergio Pirozzi, l’azzurro Pasquale Ciacciarelli e l’ex leghista Enrico Cavallari.

LA VITTORIA DI ASTORRE

Un successo a cui nel giro di poche ore se ne è aggiunto un altro: l’elezione di Astorre a segretario del Pd Lazio. D’altronde, il governatore era schierato al fianco del senatore dei Castelli Romani ed è naturale che il risultato di quest’ultimo venga interpretato politicamente come una vittoria dello stesso Zingaretti. Astorre in pratica ha stravinto: secondo i primi dati diffusi dal partito, avrebbe ottenuto circa il 70% delle preferenze, molto di più del suo principale avversario, il deputato Claudio Mancini, storico rappresentante della corrente dei Giovani Turchi di Matteo Orfini. Peraltro, anche i dati sull’affluenza sembrerebbero confortare Zingaretti: avrebbero votato 65mila persone. Alle precedenti primarie regionali – che condussero all’elezione a segretario di Fabio Melilli – si recarono ai gazebo meno di 50mila elettori.

I SONDAGGI

E pure le intenzioni di voto in vista delle primarie dem del prossimo marzo, in questa fase, appaiono favorevoli al presidente della Regione Lazio, come evidenzia la rilevazione condotta da Noto Sondaggi e diffusa stamattina dal Quotidiano Nazionale. Secondo l’istituto di statistica, Zingaretti sarebbe avanti a tutti con il 39% dei consensi. Una percentuale non sufficiente a chiudere la partita della segreteria già in occasione delle primarie, ma che di certo gli consente di guardare ai prossimi mesi con relativa fiducia. La questione, comunque, è tutt’altro che chiusa, ha sottolineato su Qn Antonio Noto, per il quale “il voto è molto volatile tra gli elettori” e “il risultato ancora aperto”.  Lo stesso sondaggio accredita Minniti del 32% dei consensi e Martina del 29%.

LE MOSSE DI RENZI

Infine rimane da capire il ruolo che giocherà Matteo Renzi nel corso della campagna elettorale per le primarie e quali potrebbero essere le conseguenze del suo rinnovato, o mai terminato, attivismo politico. Come ha osservato oggi su Formiche.net Roberto Arditti in questo articolo – e come emerge pure dai numerosi retroscena di questi giorni – l’ex premier avrebbe ormai praticamente deciso di abbandonare il Pd e di fondare un suo movimento autonomo più centrista, destinato comunque ad allearsi con i dem. Uno scenario che, se confermato, potrebbe avere un impatto anche sull’esito delle primarie. D’altronde nelle scorse settimane era stato sottolineato come Renzi e i suoi avessero fortemente voluto la candidatura di Minniti alla segreteria e che, dunque, in campagna elettorale si sarebbero impegnati pancia a terra per farlo vincere. Ricostruzione forse frettolosa considerato che l’ex presidente del Consiglio starebbe ora pensando seriamente a una fuoriuscita dal Pd. Il che vorrebbe inevitabilmente dire concentrarsi di più sulla costruzione del nuovo soggetto politico che non sulla corsa di Minniti. Alla cui candidatura per ovvie ragioni Renzi continua a guardare con maggiore benevolenza di quanto non faccia con quelle di Martina e soprattutto Zingaretti. Ma un conto è che si spenda in prima persona e con tutta la sua rete di parlamentari e amministratori territoriali a favore dell’ex ministro dell’Interno e tutt’altro che si limiti a vederne semplicemente di buon occhio il tentativo. 

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