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L’Italia via dall’Afghanistan. L’annuncio improvviso e le schermaglie del M5S

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L’annuncio del ministero della Difesa su un possibile ritiro dell’intero contingente dall’Afghanistan entro un anno arriva in maniera improvvisa e, non si sa se per coincidenza o meno, nel giorno in cui sarebbero stati compiuti dei passi in avanti tra Stati Uniti e talebani per un accordo di pace. Fonti del dicastero fanno sapere che il ministro Elisabetta Trenta ha incaricato il Coi, Comando di vertice interforze da cui dipendono le missioni, di pianificare il ritiro totale mentre finora il ministro aveva annunciato un iniziale ritiro di 200 unità su 900 in accordo con gli alleati, in modo da garantire l’addestramento delle truppe afghane.

L’annuncio, inoltre, appare estemporaneo se non altro perché non si conosce ancora, alla fine di gennaio, il contenuto del decreto missioni per il 2019, l’unico documento che può chiarire le concrete intenzioni del governo Conte sugli impegni in tutte le missioni internazionali: sarebbe in preparazione, ma non è ancora approdato al Consiglio dei ministri. Lo stesso sito del ministero della Difesa, nella parte dettagliatissima dedicata alle missioni, riporta come ultimo riferimento giuridico il decreto del dicembre 2017 (governo Gentiloni) approvato dalle Camere il 17 gennaio 2018. Dal punto di vista politico sembra che il Movimento 5 stelle voglia arricchire il già abbondante piatto pre-elettorale con un tema caro alla base più di sinistra. Immediatamente dopo l’annuncio informale, infatti, è stata diffusa una nota congiunta dei parlamentari grillini delle commissioni Esteri di Camera e Senato che giudicano “molto positiva” l’iniziativa della Trenta grazie alla quale “si potrà analizzare la posizione dell’Italia nell’orizzonte più ampio delle varie missioni internazionali in cui il nostro Paese è impegnato”. Frase generica che può significare tutto e il contrario di tutto.

Una scelta così impegnativa a più di 17 anni dall’inizio dell’avventura afghana meriterebbe posizioni nette e ufficiali. Il senatore Maurizio Gasparri (FI), infatti, ha subito espresso dubbi su modi e contenuto: norme e programmi vanno discussi in Parlamento, obietta, e apprendere certe decisioni dalle agenzie di stampa “è un modo inusuale e inaccettabile di ragionare su materie delicatissime che hanno sempre visto in Parlamento un’ampia maggioranza”. Secondo Gasparri, invece, la delicata situazione afghana sconsiglia un disimpegno della comunità internazionale e quindi dell’Italia. In attesa di conoscere le valutazioni del presidente Giuseppe Conte e della Lega l’annuncio conferma che sulla politica estera c’è una discreta confusione: il ministro Enzo Moavero Milanesi da Gerusalemme ha detto di non saperne niente.

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