Il governo apre il paracadute su Carige (qui l’ultimo approfondimento dedicato al caso). Ma attenzione, niente soldi pubblici nella banca. Non per ora al meno. Il caso Carige alla fine è approdato sul tavolo del Consiglio dei ministri, dopo le nove di ieri sera, al termine di una giornata frenetica. Una riunione lampo, durata meno dieci minuti tanto per mandare ai mercati (e alla Bce) un segnale. Lo Stato c’è. Il tempo necessario per firmare il decreto legge (qui il testo) Disposizioni urgenti per la tutela del risparmio nel settore creditizio.
Piccola cronistoria. La giornata dei commissari sembrava essere cominciata in relativa tranquillità con il vertice al Tesoro con il ministro dell’Economia Giovanni Tria, accompagnato dal direttore generale del Tesoro Alessandro Rivera, che è presidente della Sga, la società controllata al 100% dal Mef candidata a farsi carico di una fetta dei 2,8 miliardi di crediti dubbi rimasti in pancia a Carige. Quindi, nel pomeriggio l’incontro con Salvatore Maccarone, presidente del Fondo Interbancario e dello Schema Volontario che ha sottoscritto il bond da 320 milioni che permette ad oggi il rispetto dei requisiti patrimoniali.
In serata, a sorpresa, il Cdm e la firma del decreto legge. Il senso è chiaro: lo Stato vigilerà sull’operato dei commissari e garantirà eventuali emissioni di capitale. Ma non metterà direttamente nuova liquidità, quella è l’extrema ratio. L’aumento, ad oggi, spetta ai soci, vecchi o nuovi che siano. “Le misure previste nel decreto si pongono in linea di continuità con il provvedimento di amministrazione straordinaria recentemente adottato dalla Banca Centrale Europea”, si legge nel testo. “L’obiettivo è di consentire ai commissari di assumere le iniziative utili a preservare la stabilità e la coerenza del governo della società, completare il rafforzamento patrimoniale dell’Istituto già avviato con l’intervento del Fondo Interbancario dei Depositi, proseguire nella riduzione dei crediti deteriorati e perseguire un’operazione di aggregazione”.
In tale ottica, le misure previste dal decreto “forniscono ai commissari un quadro operativo che consente di trarre pieno beneficio dalle opportunità gestionali offerte dall’amministrazione straordinaria. In particolare, viene prevista la possibilità per la banca di accedere a forme di sostegno pubblico della liquidità che consistono nella concessione da parte del Ministero dell’economia e delle finanze della garanzia dello Stato su passività di nuova emissione ovvero su finanziamenti erogati discrezionalmente dalla Banca d’Italia. In stretto raccordo con le istituzioni comunitarie, le garanzie previste saranno concesse nel pieno rispetto della normativa in materia di aiuti di Stato”.
Ma, sia chiaro: viene inoltre prevista la possibilità per Carige di accedere – attraverso una richiesta specifica – a una ricapitalizzazione pubblica “a scopo precauzionale, volta a preservare il rispetto di tutti gli indici di patrimonializzazione anche in scenari ipotetici di particolare severità e altamente improbabili (cosiddetti scenari avversi dello stress test)”. Ora la palla passa ai commissari, chiamati ad allestire l’aumento coi soci o a trattare una fusione. Solo se falliranno arriveranno i denari pubblici.