Si torna a parlare del triangolo Tria-Lega-Movimento Cinque Stelle. Il tema è Carige, la banca genovese appena messa in sicurezza dal governo con apposito decreto (qui l’intervista odierna a Corrado Sforza Fogliani). Premesso che lo Stato garantirà per i prossimi due mesi emissioni obbligazionarie fino a 3 miliardi, resta da capire se alla fine scatterà quella tanto discussa ricapitalizzazione precauzionale, vale a dire l’acquisto di un miliardo di azioni Carige con conseguente ingresso dello Stato nel capitale. In altre parole se verrà nazionalizzata o meno.
Il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, ascoltato questo pomeriggio alla Camera in occasione del question time, ha dato il seguente messaggio: la prima scelta deve ricadere sulla fusione con un’altra banca, con le spalle più grosse, in grado di accollarsi Carige. Sempre che nel frattempo gli attuali azionisti non varino il quarto aumento di capitale in pochi anni. La ricapitalizzazione per mano dello Stato, se e quando ci sarà, sarà a tempo, ovvero Carige verrà restituita al mercato non appena rimessa in sesto. Tria sa bene che la nazionalizzazione a tempo è un’opzione, non solo perché è scritta nel decreto ma anche perché lo stesso esecutivo gialloverde non può certo permettersi un altro caso di risparmio tradito, come avvenne per le quattro banche.
“Non è possibile stabilire se si materializzerà l’esigenza di realizzare l’intervento di ricapitalizzazione precauzionale, perché la soluzione di mercato sarebbe comunque preferibile”, ha spiegato Tria. In ogni caso “si tratterebbe di un’operazione temporanea in quanto la partecipazione dello Stato dovrà essere dismessa quando terminerà il periodo concesso per la ristrutturazione. Una nazionalizzazione sarebbe quindi a termine”. La certezza però è una, tutelare il risparmio, con tutti i mezzi, dunque nazionalizzazione compresa. “Vorrei ribadire che il governo è pronto a realizzare quanto necessario nelle modalità più opportune per salvaguardare i risparmiatori e il tessuto economico di riferimento in coerenza con il quadro normativo europeo”, ha assicurato il ministro dell’Economia, ammettendo come il decreto Carige sia nella sostanza analogo a quello per Mps.
Fin qui la linea del responsabile del Tesoro. Che però non è esattamente quella degli azionisti di governo, soprattutto il Movimento Cinque Stelle. In giornata lo stesso Luigi Di Maio è intervenuto sulla vicenda di Genova, e il messaggio è chiaro: una nazionalizzazione sarebbe ben accolta, anzi è la strada maestra. “Se lo Stato dovesse ricapitalizzare Carige lo farà per diventarne il proprietario. O si nazionalizza o non si mette un euro”, ha detto il vicepremier su Facebook. E in caso di nazionalizzazione “la cominciamo a usare per dare crediti alle imprese in difficoltà, alle piccole e medie imprese, per migliorare i mutui alle famiglie, per aiutare di più i giovani a diventare indipendenti, ad andare via di casa grazie a una banca che comincia a fare la banca d’investimento dello Stato”.
Non che la Lega sia molto in disaccordo, anzi. Se per il sottosegretario alla presidenza del consiglio, Giancarlo Giorgetti “la nazionalizzazione è un’eventualità prevista dal decreto legge se non si verificano alcune condizioni, quindi se nessun privato ci mette i soldi, arriverà la nazionalizzazione”. Per il leader Matteo Salvini, “l’obiettivo è salvarla sotto lo Stato. Se ci saranno utili ci guadagnerà lo Stato”.