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Crisi in Venezuela. Ecco quattro possibili scenari futuri

La crisi politica e istituzionale del Venezuela continua. Il Paese è sprofondato nell’incertezza e la svolta sembra dipende dalle azioni delle forze armate e dalle azioni degli Stati Uniti, che hanno già annunciato nuove sanzioni contro la statale petrolifera Pdvsa.

Cosa succederà in Venezuela nei prossimi giorni è difficile da prevedere. L’unica certezza è che l’iperinflazione – di circa 1.000.000% – continua a stremare i venezuelani.

Il sito Global Post ha cercato di analizzare quattro scenari di quello che potrebbe accadere nel Paese sudamericano.

TRANSIZIONE

Questa è l’opzione sostenuta dal presidente ad interim, Juan Guaidó: la formazione di un esecutivo che possa avviare il Paese nella transizione verso l’organizzazione di nuove elezioni. Il giovane politico, presidente dell’Assemblea Nazionale, è impegnato in una campagna per convincere i militari di voltare le spalle al regime di Nicolás Maduro in cambio di amnistia. Molti di questi militari sono accusati di corruzione, violazione dei diritti umani e narcotraffico da parte degli Stati Uniti. Se i membri delle forze armate restano leali al governo socialista, il processo di transizione sarà più difficile, a lungo termine.

STALLO

Secondo Michael Shifter, del think tank Inter-American Dialogue, è molto improbabile che i militari si ribellino contro Maduro: “Se l’opposizione non riesce a unificarsi e l’esercito mantiene il sostegno per il governo, questo probabilmente significherà che Maduro resterà ancora al potere”.

E la chiusura del rubinetto petrolifero da parte del governo americano forse non basterà per togliere ossigeno al regime. Il governo del Partito Socialista Unito del Venezuela conta con il sostegno finanziario di Cina, Russia e Iran.

Il regime socialista vende circa 300mila barili di petrolio al giorno alla Cina e ha un debito di 20 miliardi di dollari. Con la Russia, invece, Maduro ha un conto aperto di 10,5 miliardi di dollari.

Paul Hare, professore della Boston University, ha detto al Global Post che Pechino e Mosca potrebbero cercare di salvare Maduro, “forse richiedendo alcune riforme economiche e una ristrutturazione del business petrolifero”. Ma potrebbero anche richiedere la marcia indietro di Maduro e la nomina di un leader “meno tossico politicamente”.

GOVERNO MILITARE

Un altro scenario è quello del ritiro del sostegno militare a Maduro, che però imporrebbe un governo militare almeno al breve termine. Secondo Hakim, questo sarebbe il peggior scenario, perché porterebbe ad una crescente repressione e forse anche una diffusa guerra civile: “Con tutti i rischi che comporta avere governi paralleli”.

Inoltre, il governo americano insiste che sulla crisi venezuelana “tutte le opzioni sono sul tavolo”, il che lascia intendere anche un possibile intervento militare da parte di Washington.

TRATTATIVA

Sebbene Maduro ha detto che è pronto per incontrare Guaidó, il presidente ad interim ha spiegato che non è disposto a partecipare ad un finto dialogo, com’è capitato all’opposizione venezuelane in questi anni (dal 2014 ci sono stati cinque processi di dialogo tra governo e opposizione, senza però alcun risultato).

Tuttavia, parte della comunità internazionale è a favore di questa opzione. L’Unione europea, per esempio, che ha riconosciuto l’illegittimità del mandato di Maduro (per via delle irregolarità nel processo elettorale del 20 maggio 2018), ma non riconosce Guaidó come presidente ad interim. L’Unione europea e anche il Messico e l’Uruguay hanno proposto la creazione di un “gruppo di contatto” a favore del dialogo in Venezuela.

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