Se la Turchia si azzarda ad attaccare i curdi nel nord della Siria, verrà devastata economicamente. Lo ha promesso Donald Trump in persona via Twitter, annunciando che il ritiro delle truppe americane dal Paese è iniziato, ma anche che non ci sarà spazio per iniziative unilaterali da parte di Ankara.
Il presidente americano è nella bufera, dentro e fuori i confini nazionali. A Washington la scelta di lasciare la Siria è stata criticata da più parti. Polemiche anche da parte del potente alleato saudita, per il quale la mossa americana finirà per avvantaggiare il blocco composto da Iran e Russia. Proprio a Riad, il segretario di Stato, Mike Pompeo, ha ribadito la posizione della Casa Bianca sulla questione Siria, lasciando intendere che Trump non ha la benché minima intenzione di indietreggiare sul punto.
Di certo, la tensione con Ankara è più accesa che mai. Lo scorso agosto la moneta nazionale della Mezzaluna ha subìto una svalutazione durata settimane che ha dato non poco filo da torcere all’economia turca, che non ha più lo stesso smalto di una volta e che di tutto ha bisogno in questo momento tranne che nuove tensioni con uno dei suoi principali partner commerciali, ossia gli Stati Uniti.
Il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, per il momento, non sembra molto spaventato da queste minacce. La reazione della Mezzaluna alle parole di Trump, infatti, è stata immediata. Il ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu, ha detto chiaramente che la Turchia non ha intenzione di farsi intimidire dalle minacce, facendo capire che i tweet di Trump potrebbero essere dettati da problemi legati alla politica interna.
Molto meno diplomatico Ibrahim Kalin, il portavoce del presidente della Repubblica Erdogan, che in un tweet di risposta al numero uno della Casa Bianca, ha scritto: “I terroristi non possono essere vostri partner e alleati. La Turchia si aspetta che onoriate la nostra alleanza strategica e che questa non venga oscurata dalla propaganda terroristica”.
Secondo Kalin gli Stati Uniti stanno confondendo le cellule pericolose dal Pkk e dello Ypg, per la Turchia il braccio armato siriano del Pkk, e che, con la scusa di tutelare i civili, proteggono i terroristi.
Intanto, la Turchia continua ad ammassare truppe e mezzi sul confine. Il presidente Erdogan continua a definire l’operazione “imminente”. Rimane però da sciogliere il nodo Mosca. Se Trump minaccia concretamente ritorsioni in caso di attacco, Putin è tutto fuorché entusiasta di quella che considera una vera e propria manovra espansionistica della Turchia. Oltre all’esuberanza di Ankara, infatti, preoccupano i rapporti che la Mezzaluna intrattiene con le frange più borderline della cosiddetta opposizione siriana e con quelle organizzazioni jihadiste che per Mosca rappresentano la minaccia numero uno alla sua sicurezza.