Come ha detto ai microfoni di Zapping su Radio1 il Segretario generale della Fim Cisl Marco Bentivogli la cosiddetta ecotassa rischia di trasformarsi, come fu per l’Ilva di Taranto, in un regalo alle imprese estere, con la doppia beffa di non centrare nemmeno lontanamente l’obiettivo ambientale, che resta solo nel nome.
Già prima di diventare operativo, il provvedimento ha dispiegato i suoi effetti scoraggiando i consumatori dall’acquisto dell’auto e dando un’ulteriore colpo ad un settore che in tutta Europa sta rallentando, anche per via dell’insensata guerra dichiarata ai motori diesel (quelli di nuova generazione euro6 producono meno Co2 di quelli a benzina) e delle nuove regole europee in materia di emissioni e consumo di carburante.
Nel 2017 il settore automotive italiano ha prodotto 742 mila unità (+4,2 per cento rispetto al 2016). Il fatturato delle attività produttive (dirette e indirette) del settore vale 93 miliardi di euro nel 2015, pari a un decimo del fatturato dell’intera industria manifatturiera e al 5,6 per cento del Pil.
I veicoli prodotti in Italia non sono destinati solo al mercato interno, ma hanno un ruolo importante nella bilancia delle esportazioni del nostro paese.
La sola Fca impiega in Italia oltre 80 mila dipendenti con un indotto che arriva a 156 mila addetti e un impatto trainante sul Pil nazionale con un fatturato di 46 miliardi di euro.
La cosiddetta “ecotassa”, inserita nella legge di Bilancio all’articolo 1031, rischia di intaccare gravemente questo patrimonio. Intanto ha già prodotto un danno di non poco contro. Il 14 gennaio l’ad di FCA Mike Manley, parlando dal Salone di Detroit, che il piano sulle fabbriche italiane del gruppo, un investimento da 5 miliardi in tre anni, sarà rivisto perché è cambiato lo scenario di riferimento.
Fca aveva annunciato il 30 giugno dello scorso anno – al comando c’era ancora Sergio Marchionne – un piano che prevede la costruzione e la realizzazione nei prossimi 3 anni di 9 modelli (ibridi e elettrici), tutti costruiti nel nostro Paese.
Sarebbe bastato leggere quel Piano per capire come tarare meglio il provvedimento. A fine anno saranno pronte, Jeep Renegade, Compass, Fca Panda ibride e tra un anno e mezzo la 500 full electric. Non serve – come ha dichiarato sempre Bentivogli – il patriottismo economico ma neanche l’autolesionismo.
Si tratta quindi di una norma che potrebbe trasformarsi in un autogol per il Governo, ma ancora di più per il paese. Secondo l’elaborazione realizzata dalla Fim Cisl il sistema di incentivi bonus/malus mette a rischio oltre 100 mila posti di lavoro in Italia . Tra i modelli più colpiti dall’ecotassa la Panda 12 Easy, il modello più venduto nel nostro Paese, un’utilitaria prodotta nella fabbrica di Pomigliano che lo scorso anno ha fatto segnare 124 mila nuove immatricolazioni. Bene, la Panda 1,2 Easy sarà gravata da 300 euro di Ecotassa, mentre una Porsche Cayenne 3.0 e-hybrid riceverà 1500 euro di sconto, e parliamo di una macchina da 93mila euro, certamente non destinata al largo consumo.
Qualcuno, come Peter Gomez sul Fatto Quotidiano, preferisce imbrogliare le carte per nascondere la verità e scrive che in fondo l’ecotassa non rappresenta un male e che dunque il nostro allarme è del tutto strumentale. Il sottotesto del suo affondo è sempre il solito: la Fim vuole ingraziarsi Fca e gioca di sponda con l’azienda. In realtà Gomez non fa che riproporre la vecchia crociata ideologica antindustriale contro Fca e i sindacati che hanno firmato gli accordi, una specialità nella quale il Fatto, in buona compagnia con la sinistra politica e sindacale più retriva, si è sempre distinto.
La verità è che la transizione tecnologica che stiamo affrontando nella mobilità individuale è destinata ad innescare cambiamenti enormi. Ma si sottovaluta il fatto che produrre auto elettriche non è di per sé garanzia di sostenibilità ambientale. È anche la cosa più semplice da fare. La più difficile, su cui occorre concentrare investimenti sostanziosi, è realizzare le infrastrutture e l’ecosistema per farle funzionare: smaltire le celle delle batterie, creare una rete capillare per la ricarica, ripensare e riorganizzare la filiera industriale e quella della manutenzione e servizi. Tutti aspetti, quest’ultimi, fondamentali per far funzionare e rendere efficiente la mobilità elettrica ma sui quali l’Italia è all’anno zero.