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L’Italia e la decarbonizzazione, istruzioni per l’uso. I consigli di Federmanager

Mediterraneo

Addio al carbone. Quante volte si è lanciato un simile slogan per sancire la nascita di una nuova era dell’energia. Fatta di rinnovabili, di taglio alle emissioni di Co2 e di riutilizzo dei prodotti finiti, la cosiddetta economia circolare. Eppure la strada per una decarbonizzazione dell’economia italiana è ancora lunga. Produrre costa in termini ambientali, ma d’altronde non se ne può fare a meno. E allora? I manager italiani riuniti in Federmanager si sono ritrovati questa mattina presso l’Auditorium di Via Veneto (ex Iri) per presentare il documento Una strategia energetica per l’Italia, giunto alla sua seconda edizione.

SULLA VIA DELLA DECARBONIZZAZIONE

Una sorta di vademecum con tanto di raccomandazioni, per cercare di rendere il più agevole possibile la transizione energetica in Italia. Tutto parte della condivisione delle scelte con i territori nei quali vengono operate. “L’italiana way to decarbonization deve necessariamente ben conciliarsi con il territorio, il che significa rispettare il tessuto sociale e produttivo su cui la stessa decarbonizzazione insiste”. In altre parole, il cambiamento energetico deve essere pienamente condiviso dalle imprese e da chi ci lavora, manager in primis.

TRA TERMICO ED ELETTRICO

Ma come, nel concreto, attuare il difficile complesso di decarbonizzazione? Per Federmanager la vera sfida è il termico. “Solo il 33% del fabbisogno di energia primaria è utilizzato nella trasformazione in energia elettrica, con una penetrazione dell’elettrico dei consumi finali ferma al 20%. Dunque la partita più importante per la decarbonizzazione si gioca sul settore termico che per sua natura può essere aggredito con interventi di piccola taglia (come la riqualificazione delle case, ndr), mentre per l’elettrico, l’intervento di grande taglia rischia di essere controproducente”.

UN CONSIGLIO AL GOVERNO

Il cuore del documento a firma Federmanager è però un appello verso una decarbonizzazione intelligente. “Lo Stato dovrebbe ordinare il processo in modo ordinato, rimuovendo gli ostacoli che si traducono in costi amministrativi per gli investitori privati. La transizione richiede però, anche nuove infrastrutture, per lo più nei settori di mercato caratterizzati da monopoli naturali. Ecco perché è nella regolazione, soprattutto in sede europea, che si gioca la partita”. Ancora, “ai governi che verranno si chiede di tenere conto del fatto che una strategia condivisa sull’energia e sull’industria è il primo passo per ottenere il massimo risultato in termini di benessere economico dalla decarbonizzazione”.

INVESTIMENTI CERCASI

I buoni propositi però non bastano senza qualcuno che ci metta dei soldi e i manager lo hanno ricordato. “Gli investimenti in rinnovabili e in efficienza energetica si sono ridimensionati, basandosi anche sugli incentivi che per anni peseranno ancora su famiglie e imprese. Anche per questo motivo, la mancanza di investimenti, lo storico divario energetico tra Italia e resto del mondo è destinato a non ridursi”.

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