La Turchia non cede e il messaggio che l’advisor di Trump, John Bolton, porterà a Washington dopo la sua missione ad Ankara, è che il colloquio fra il presidente americano e quello turco, Recep Tayyip Erdogan sarà tutto in salita e anche la normalizzazione fra i due Paesi potrebbe subire un pesante rallentamento. Tanto per cominciare Bolton, Erdogan non lo ha nemmeno visto. Il capo di Stato, infastidito dalle sue esternazioni di domenica a Gerusalemme, non lo ha incontrato. In compenso però ha utilizzato il tradizionale discorso del martedì al suo partito per mandare alcuni messaggi dall’altra parte dell’oceano.
“Le Turchia – ha detto Erdogan – è determinata a eliminare il corridoio nel nord della Siria dal terrore”, specificando che verrà eliminato tanto il terrorismo di matrice jihadista quanto quello di matrice curda e sottolineando che fra le due matrici per la Turchia non vi è alcuna differenza. Il presidente ha poi criticato Bolton direttamente affermando che ha fatto “grave errore” nel dettare le leggi per la presenza politica della Turchia in Siria dopo il ritiro americano. Erdogan ha successivamente respinto anche le accuse di avere come obiettivo principale i curdi in Siria, definendole “sgradevoli, volgari e diffamatorie”. “Lo Ypg (il braccio armato dei curdi siriani) non può essere identificato con il popolo curdo – ha detto Erdogan -. Siamo capaci di distinguere fra terroristi e persone innocenti. Le armi che i primi impugnano, le azioni che portano avanti, il terrore che diffondono”.
Erdogan ha poi sottolineato che la Turchia è pronta a portare avanti il suo attacco oltre confine. A Bolton, non è rimasto che incontrare il top advisor di Erdogan, Ibrahim Kalin, che ha dettato quelle che vorrebbero essere le condizioni di Ankara, ossia un ritiro programmato degli Usa e il passaggio delle loro posizioni alla Turchia. Per quanto Ankara abbia sempre negato di voler attuare manovre espansioniste nel nord della Siria, la direzione sembra proprio quella. Un po’ in chiave anti curda, un po’ per aumentare l’influenza turca nella regione. Sia Mosca sia Washington non vedono di buon occhio queste ambizioni, anche per l’atteggiamento ambiguo di Ankara nei confronti del capitolo Isis e il fatto che la Turchia sostiene alcune frange dell’opposizione siriana, poco in sintonia con Washington e invise a Mosca, la mettono in una condizione molto delicata con i suoi alleati.
Tutto adesso sta a vedere quanto Ankara voglia insistere e quanto le due super potenze vogliano cedere. Da queste prime battute, si profila un altro no alla Turchia.