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Sulle farmacie il governo sta sbagliando. Parla Carlo Stagnaro

sanitaria

Il colpo di spugna è dietro l’angolo. Sul fronte delle farmacie il percorso delle liberalizzazioni sta per conoscere un nuovo stop. L’esecutivo gialloverde infatti sembra pronto ad accogliere, nel decreto semplificazioni all’esame in Senato, alcuni emendamenti che limitano la libertà d’impresa nel settore farmaceutico. Nello specifico, l’obbligo allo scioglimento delle società che gestiscono farmacie, a meno che il capitale non sia in mano a farmacisti iscritti all’Albo per almeno il 51%. La questione non è semplice perché ci sono in ballo tanti soldi e tanti posti di lavoro. E poi le catene di farmacie in mano a società per azioni esistono in tutto il mondo.

Oggi in Italia ci sono quattro società, di cui una interamente italiana, che detengono la proprietà di 300 farmacie, a fronte di 1.500 dipendenti e mezzo miliardo di fatturato. Società che in questi mesi, all’indomani del ddl Concorrenza approvato nell’estate del 2017 e che sanciva proprio l’ingresso delle società di capitali nella distribuzione farmaceutica, hanno pianificato grossi investimenti per l’espansione del proprio network. Ora però i capisaldi di quella legge sembrano essere messi in discussione da tre emendamenti che se approvati darebbero 36 mesi di tempo alle società proprietarie di catene di farmacie per scendere sotto il 51%, pena l’estinzione. Insomma, o si cede il controllo o tutti a casa. Formiche.net ne ha parlato con Carlo Stagnaro, senior fellow dell’Istituto Bruno Leoni.

Stagnaro, sulle farmacie il ddl Concorrenza sembra essere diventato carta straccia…

Ogni riforma in Italia è una tela di Penelope: quel che viene fatto in una legislatura viene smontato in quella successiva. In questo caso l’eventuale passo indietro sarebbe particolarmente grave per tre ragioni. La prima è che diverse imprese, italiane e straniere, fidandosi del nostro Paese hanno investito delle risorse in un settore che presenta grandi margini di efficienza e di miglioramento. In secondo luogo, il governo non fa che parlare di modernizzazione ma poi compie scelte di assoluta retroguardia, come se una farmacia oggi fosse uguale a quella di cent’anni fa.

Ne manca una…
Sì, punto terzo perché non c’è alcuna ragione di ordine generale per espellere i soci di capitale dalle farmacie: c’e’ solo pregiudizio ideologico e asservimento lobbistico

Mettiamoci per un attimo nei panni di quella società che ha investito miliardi per comparsi delle farmacie e magari svilupparne il network. Ora improvvisamente dovrebbe ricalibrare i propri investimenti. Non le pare quanto meno assurdo per un Paese che fa fatica ad attrarre capitali?

Mi pare molto assurdo, specialmente in una fase di rallentamento dell’economia e di blocco degli investimenti, nella quale dovremmo fare di tutto per attirare nuovi capitali anziché scacciare quelli che sono arrivati. In più c’é evidenza internazionale sul fatto che la modernizzazione della distribuzione farmaceutica, attraverso l’ampliamento dei canali distributivi e l’introduzione di nuovi modelli di business come le catene, determina vantaggi per i consumatori in forma di minori prezzi e migliore qualità del servizio.

Insomma ci rimette il consumatore…

Così sembra. Pare che l’interesse dei pazienti, specie di quelli con reddito più basso, non abbia alcuna importanza per il governo.

Liberalizzazioni, una parola che ha riempito pagine di storia economica di questo Paese. Ma perché è così difficile portarle a termine?

Difficile dare una risposta generale: spesso si tratta di un problema culturale. I vantaggi del mercato sono sovente contro-intuitivi. Ma nel caso specifico credo la spiegazione sia molto semplice: il governo del popolo si è piegato alle richieste di una corporazione. Una delle ragioni per cui la concorrenza produce prezzi più competitivi è che mette sotto pressione i margini degli operatori. Evidentemente regalare una rendita ai farmacisti titolari ha un ritorno elettorale più grande rispetto a garantire risparmi agli italiani.

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