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Immigrazione: una tragedia (e un altro salvataggio) rinfocolano le polemiche

Tunisia

Il naufragio con 120 migranti a bordo al largo della Libia riporta il tema dell’immigrazione su binari anche di cronaca, oltre che politici, e l’impatto emotivo di un così alto numero di vittime, compresi donne e bambini, costringerà i governi europei e l’Ue a discuterne non solo sulla base dei ricollocamenti, ma anche su un intervento strutturale che diventa sempre più urgente. Anche perché si sta ripresentando un altro caso di nave ong con migranti a bordo.

La ong Sea Watch venerdì sera ha comunicato che un suo aereo aveva avvistato un barcone con 20 persone, ma alla fine solo tre persone sono state salvate da un elicottero della Marina militare italiana mentre 117 sono i dispersi. L’avvistamento, a quanto è stato ricostruito, era stato invece effettuato in precedenza da mezzi italiani. La Marina ha riepilogato quanto accaduto: nel pomeriggio del 18 gennaio un aereo da pattugliamento marittimo P72 del 41° stormo di Sigonella dell’Aeronautica, in volo nell’ambito dell’operazione Mare Sicuro, ha avvistato il gommone, in fase di affondamento, e ha subito lanciato due zattere di salvataggio.

Nel frattempo il cacciatorpediniere Caio Duilio, che era molto distante, ha inviato il proprio elicottero SH90 che ha recuperato tre naufraghi in ipotermia: uno dall’acqua e due da una delle zattere di salvataggio precedentemente lanciate. L’altra zattera era vuota. I tre naufraghi sono stati stabilizzati a bordo del cacciatorpediniere e trasferiti presso l’ospedale di Lampedusa via elicottero, dove si sono ripresi. Le ricerche dei naufraghi, ha fatto sapere la Marina nella serata di venerdì, sono continuate sotto il coordinamento libico.

La precisazione sul coordinamento libico è importante perché anche la Guardia costiera ha replicato alle affermazioni della Sea Watch secondo cui dalla sala operativa italiana non sarebbero state date informazioni. La Guardia costiera ha precisato di aver “immediatamente verificato che la Guardia costiera libica fosse a conoscenza dell’evento in corso all’interno della sua area di responsabilità Sar, assicurando alla stessa la massima collaborazione”.

In particolare, alla Sea Watch, “che, intercettata la notizia dell’avvistamento, aveva contattato la centrale operativa della Guardia costiera italiana dando la propria disponibilità a partecipare alle operazioni di soccorso”, è stato comunicato che la loro disponibilità sarebbe stata offerta alla Guardia costiera libica, “quale autorità coordinatrice dell’evento”.

Oggi pomeriggio, inoltre, la Sea Watch ha comunicato di aver salvato 47 migranti da un barcone in difficoltà. Mancano alcuni particolari importanti, come per esempio quale fosse la rotta ipotizzata: Italia, Spagna o nessuna in attesa di soccorsi? A una nuova tragedia si unisce un altro caso politico perché il salvataggio di 47 persone ha immediatamente fatto reagire il ministro dell’Interno, Matteo Salvini: “Si scordino di ricominciare la solita manfrina del porto in Italia o del ‘Salvini cattivo’. In Italia no”, aggiungendo che la ricomparsa delle Ong di fronte alla Libia avrebbe convinto i trafficanti a riprendere “i loro sporchi traffici” portando la gente a morire. Ci aspettano quindi altri giorni di polemiche: una nave di una ong in mare con decine di persone, una posizione inflessibile di Salvini coerente sulla sua linea, l’ennesimo appello ai governi europei lanciato anche dalla Comunità di Sant’Egidio, da sempre propensa all’accoglienza e ai corridoi umanitari, perché si affronti il tema concretamente.

È freschissimo il ricordo del braccio di ferro sui 49 migranti rimasti per oltre due settimane a bordo della Sea Watch e della Sea Eye e infine sbarcati a Malta con l’accordo di una futura redistribuzione in alcuni Stati europei, compresa l’Italia. Per motivi burocratici siamo lontani dalla soluzione definitiva per quel gruppo di persone e i 47 ora a bordo della Sea Watch sono un’altra piccola bomba innescata sulle fragili relazioni europee in tema di immigrazione.

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