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L’Europa (in)difesa. Tutte le mosse di Bruxelles

Caro Juncker non basta il mea culpa. Rimedi subito ai danni dell’austerity

Signor presidente, ho letto meravigliato le sue dichiarazione davanti al Parlamento europeo, con cui ha rinnegato le politiche di austerità praticate dall’Unione durante “la più grave crisi dell’Eurozona” a causa delle conseguenze prodotte sul sistema economico e su milioni di lavoratori e di giovani, talmente gravi da giustificare le critiche ricevute. Dovrei esprimere soddisfazione, “meglio tardi che mai”. Infatti, attraverso diversi pareri del Cese, a suo tempo, avevo criticato e contestato le politiche di austerità messe in atto per l’Uem. Lo avevo fatto insieme ad altri economisti e consiglieri del comitato, in un dibattito al quale lo avevamo invitato, durante il quale lei, da presidente dell’Euro-gruppo, sosteneva esattamente il contrario.

Perciò è stato uno degli “esecutori” e, quindi, dei massimi responsabili di tali politiche, l’opposto di quanto avveniva nel resto del mondo, compresi i paesi dell’Unione fuori dall’euro. Perciò più che soddisfazione devo confermarle la mia rabbia di allora e di adesso, per quanto avvenuto e sta ancora avvenendo, perché le conseguenze di tali politiche sono tutt’altro che esaurite. Stanno mietendo ancora vittime, ormai a cascata, in tutti i paesi dell’Eurozona, comprese, da ultime, Francia e Germania. Solo il saggio intervento della Bce, come sa, ha evitato danni peggiori e, forse, la fine dell’Eurozona.

Ritengo, però, signor Presidente, che le sue dichiarazioni, anche se importanti, non bastino. Sarebbe troppo facile e bello se servissero a rimediare i danni economici e sociali provocati, compresi quelli inerenti l’immagine dell’Unione e della rottura coi suoi cittadini. A mio avviso, occorrono, ormai, politiche diverse ed azioni concrete, non parole. Non basta dire “..abbiamo sbagliato”. Occorre agire. Subito. Compia un atto di coraggio, signor presidente, anche se sarebbe stato meglio farlo prima: presenti al consiglio e al parlamento le proposte giuste, poche, ma utili a riparare i danni provocati e ad invertire la tendenza attuale.

Ad esempio, moltiplichi per 10 il suo piano per gli investimenti. Convinca prima di tutto il governo tedesco a farlo, il più restio, come sa molto bene. C’è sempre tempo per i miracoli, ed è quello che servirebbe all’Unione prima delle elezioni: un atto di coraggio, un segnale forte che indichi un’inversione di tendenza rispetto a quanto fatto sinora e rispetto al blocco in cui è caduta da oltre 10 anni. Tenti o si dimetta, se non ottiene risposte immediate e positive. Ne uscirebbe a testa alta; forse scuoterebbe questo pachiderma paralizzato e immobilizzato dalle liti, dagli egoismi e dalle paure, ormai da troppo tempo, che sta facendo rischiare molto a tutti. Con i migliori saluti.

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