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Kim a Pechino. La visita a Xi in vista dell’incontro con Trump

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Il satrapo nordcoreano Kim Jong-un è a Pechino, insieme alla moglie  Ri Sol-j, per incontri con il presidente Xi Jinping e altri alti funzionari di governo e partito. La visita non era ufficialmente tra i piani organizzativi a quanto pare, e forse l’esigenza è dettata dall’evoluzione del contesto diplomatico attorno a Pyongyang. Nei giorni scorsi, infatti, si è parlato con insistenza del prossimo incontro tra Kim e Donald Trump, replica del vertice di Singapore della scorsa estate, quello che ha avviato il dialogo, attualmente in fase di stallo. Come già successo in passato davanti a certe dinamiche, la Cina cerca uno scatto di anticipo: Pechino non può permettersi di perdere il controllo del dossier se vuol diventare un gigante della politica globale (queste visite hanno valenza simbolica, oltre a essere occasione per coordinare una linea comune).

Come in altre situazioni, la visita è stata confermata dai rispettivi media solo questa mattina, quando Kim era già in territorio cinese. Si tratta delle solite misure di sicurezza estreme, che però ormai sono conosciute al punto che da ieri s’è iniziato a speculare del viaggio del nordcoreano: c’erano foto del suo treno personale gialloverde (eredità del padre Kim Jong-il, che lo usava per viaggiare sia in Cina che in Russia) che si muove solo in certe occasioni; decine di veicoli e funzionari della sicurezza che avevano bloccato le strade attorno alla stazione di Dandong (città di confine); e agli ospiti degli hotel della città, già sistemati in stanze che affacciavano verso il fiume che segna il confine sino-coreano, era stato proibito di entrare camera (evidentemente per non vedere il treno passare e caricare sui social network sue fotografie).

Mentre non aveva mai incontrato Xi nei primi sei anni dalla sua ascesa al potere, quella di questi tre giorni è la quarta visita in Cina di Kim in meno di un anno, ossia da quando è partito lo slancio negoziale sul congelamento (o distruzione, come vorrebbero gli americani) del programma nucleare, a cui il presidente sudcoreano Moon Jae-in ha dato lo spunto d’avvio con l’apertura olimpica dello scorso gennaio. Pechino è il principale degli alleati diplomatici di Pyongyang, e questo genere di visite servono sia alla Cina per rimarcare il proprio ruolo nella questione, sia alla Corea del Nord per dare mandare un messaggio a Washington.

Il Nord vuole lo stop al regime sanzionatorio che sta subendo sulla propria economia, e lo vuole prima di iniziare la denuclearizzazione; Washington non vuol sentirne parlare di cronoprogrammi del genere e chiede prima il disarmo poi l’alleggerimento delle sanzioni (e in questo Seul è per ora allineata); allora Pyongyang – che in queste ultime settimane ha mandato segnali sulle sue priorità – invia messaggi da Pechino. Kim vuol dimostrare di avere in Cina alternative economico-commerciali a quelle che Stati Uniti e Corea del Sud possono offrire.

Il viaggio di Kim può indicare che effettivamente l’incontro di Kim con Trump è vicino, come anticipato dal presidente americano qualche giorno fa. Pechino e Pyongyang hanno interesse a coordinare la propria linea. La Cina può usare il dossier nordcoreano come leverage nel confronto globale con gli Stati Uniti (lo scontro commerciale è in una nuova, difficile fase negoziale iniziata ieri). La Corea del Nord può usare la sponda politico-diplomatica cinese per spingere l’alleggerimento delle sanzioni in sede Onu, dato che Pechino ha un seggio permanente al Consiglio di Sicurezza.

Curiosità: la propaganda media cinese sta raccontando questo viaggio di Kim definendo il satrapo nordcoreano un “millennial”, balinghou è il termine usato, che significa “post-anni ’80”. Lo storytelling è partito dall’account WeChat di Liu Hong della Xinhua, ma non è la prima volta che viene usata questo genere di narrazione. Nel 2010, quando è diventato chiaro che Kim sarebbe stato il successore di suo padre, il Giornale del Popolo, l’organo stampa del Partito Comunista Cinese, aveva dedicato una paginata a Kim descrivendolo come “il più straordinario millennial” del mondo, ricorda il Guardian. Nel 2012, uno speciale della televisione di stato Cctv su Kim si congratulava con lui per aver introdotto funzionari giovani nel suo governo.

Questo genere di racconto su Kim però serve al governo cinese anche per stabilire una relazione gerarchica da diffondere tra i propri cittadini: Kim non può essere nemmeno lontanamente paragonato a Xi (è così di fatto, lo è ancora di più per la propaganda di Pechino). In un Paese che ha l’età media dei funzionari di governo fissata a 63 anni, il 35enne Kim – che dovrebbe festeggiare il compleanno oggi, anche se la sua data di nascita non è mai sta ufficializzata – è definito millennial si per farlo entrare entrare sia nella sfera anagrafica dei potenziali riformatori, sia con uno scopo più malizioso: spesso dai media i balinghou vengono descritti come viziati, individualisti, consumisti.

(Foto: Tv di stato nordcoreana)

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