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La crisi del Venezuela mostra gli aspetti peggiori del populismo sudamericano

Il Venezuela è segnato da una grave crisi economica, da tensioni sociali, dalla criminalità dilagante. L’inflazione è a livelli molto elevati. La carenza di beni e servizi è grave, per le disfunzioni delle imprese pubbliche, in particolare nel settore petrolifero, e per la scarsità di riserve valutarie. Lo stesso Maduro ha riconosciuto gli errori del modello socialista. Caracas è la città più pericolosa del mondo. Il progetto del regime “chavista” ha mancato i suoi obiettivi, le accuse al nemico imperialista di boicottare il paese restano mera propaganda, l’isolamento internazionale è sempre maggiore, con i grandi Paesi del continente americano che hanno riconosciuto come nuovo Presidente il leader dell’opposizione.

Eppure una larga parte della popolazione continua a sostenere il governo. E non è composta solo di personale di apparato, membri del partito o professionisti vicini al governo: si tratta proprio del popolo, di quella gente che ha creduto nel “chavismo” e continua a crederci, contro ogni evidenza, anche di fronte al disastro socioeconomico e alle difficoltà della vita quotidiana. Un popolo che, se effettivamente rappresenta la maggioranza dei cittadini del Venezuela, come Maduro rivendica, è in grado di trascinare il Paese ancora più giù, in una spirale che rischia di concludersi nel sangue. Un popolo che, in nome di un’idea, di una rivincita contro le classi più agiate, di una speranza ormai alle spalle, è disposto a portare il Paese al tracollo socioeconomico.

La vicenda del Venezuela mostra come la volontà popolare, cardine delle democrazie, possa anche creare “mostri”. E del resto la storia è segnata da vicende nazionali che, sospinte dal popolo, hanno prodotto totalitarismi, guerre e danni gravi al tessuto socioeconomico dei Paesi. Ma non ci sono alternative alla volontà popolare, come base dei regimi democratici. Ed allora, posto che il popolo sovrano può sbagliare, bisogna chiedersi come evitare forme di democrazia populista con aspetti distruttivi.

Per cercare una risposta, vanno individuati e compresi i fattori più pericolosi della democrazia populista. In primo luogo si può rinvenire la costante di una contrapposizione degli interessi popolari a quelli delle elites e di altri Stati. Tale opzione alimenta una cultura politica basata sul conflitto permanente, sulla semplificazione dell’analisi politica, sull’avversione verso altre componenti sociali o verso soggetti esteri. In tal modo il regime populista, chiamando i propri sostenitori alla guerra contro i “nemici del popolo”, interni ed esterni, esalta il senso di appartenenza e riaccende gli animi, procurandosi consenso di matrice emotiva ma a valenza politica. Ma nel contempo delegittima l’essenza stessa della democrazia, cioè la mediazione ponderata e competente degli interessi all’interno di una comunità non conflittuale, e diffonde metodi e sentimenti incompatibili con una obiettiva valutazione della realtà.

In secondo luogo, si registra spesso una politica economica basata sulla spesa pubblica, sul contrasto ai “poteri forti” dell’economia di mercato, sulla violazione dei vincoli finanziari. Questa scelta, al netto dei trasferimenti da redistribuzione della ricchezza, può avere conseguenze molto negative sulla competitività e stabilità del sistema Paese, con ricadute gravi sulla condizione di vita e lavoro anche dei sostenitori del populismo.

Inoltre, si constata l’avversione verso la democrazia rappresentativa e il favore per quella diretta o comunque in diretta connessione con il popolo, con i mezzi tradizionali o della comunicazione di massa. In tal modo si indebolisce l’impalcatura stessa della democrazia, fondata sulla pluralità di centri di potere e di istituzioni rappresentative, inficiando la mediazione sociale e il rispetto delle regole. A questo si accompagna il più delle volte la concentrazione del potere nelle mani di un leader o di una stretta cerchia di persone, espressione autoreferenziale del popolo, aumentando il rischio di visioni parziali o distorte della realtà.

Gli antidoti a tali problemi vanno ricercati prima di tutto nell’opposizione agli aspetti deteriori di qualsiasi populismo. In secondo luogo, bisogna guardare alle istituzioni rappresentative, alle regole e ai media, cercando di preservare un sistema di pesi e contrappesi sociali, giuridici e politici, supportato da un’informazione libera e plurale, con lo scopo di predisporre i mezzi per contenere gli eccessi del populismo. Ma non meno importante è l’elaborazione e la promozione di una cultura della politica che sappia essere popolare ma anche competente, equilibrata, costruttiva.

La vicenda del Venezuela, come altre in passato, mostra i danni che un Paese subisce quando al potere arriva la rabbia, l’approssimazione, il massimalismo, l’incompetenza. La speranza è che altri popoli, anche in Europa, evitino gli stessi errori.


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