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La missione di Bolton in Turchia e le manovre di Erdogan sulla Siria

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La settimana in Turchia parte tutta in salita. Domani l’advisor di Donald Trump, John Bolton, sarà ad Ankara per discutere della Siria e avviare una normalizzazione nei rapporti fra i due Paesi.

La speranza del presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, è di poter ottenere dagli Usa una maggiore possibilità di azione nel nord della Siria al momento del ritiro delle 2.000 truppe americane. La motivazione ufficiale è avviare un’azione anti terroristica ad ampio raggio contro organizzazioni di matrice curda e jihadista. Il timore, però, che è praticamente una certezza, è che il reale obiettivo siano i curdi siriani dello Ygp, che nel frattempo, per difendersi dai turchi e sentendosi traditi dagli americani, si sono rivolti niente meno che a Bashar al-Assad.

Una situazione complessa e delicata, nella quale la Turchia sta cercando come sempre di giocare su più tavoli, ma dove, alla fine, potrebbe venire a determinarsi, se non una sinergia, almeno una continuità di intenti fra Stati Uniti e Russia. Che, in pratica, significa lasciare ai curdi le loro postazioni nel nord della Siria in modo da fungere da antidoto naturale contro le ambizioni espansionistiche turche.

Oggi è arrivato un primo segno di frenata alle speranze di Ankara. Bolton, che in questo momento si trova in Israele, ha detto che il ritiro delle truppe americane dalla Siria dipende da precise condizioni. “Ci sono condizioni che vogliamo vedere soddisfatte che condizionano il ritiro della Siria – ha detto Bolton -. I tempi del ritiro dipendono dalle decisioni politiche che vogliamo realizzare. Non pensiamo che i turchi dovrebbero prendere iniziative militari che non siano pienamente coordinate e approvate dagli Stati Uniti, in modo tale che le nostre truppe non vengano messe in pericolo”.

Resta adesso da vedere quando le truppe statunitensi se ne andranno e soprattutto come lo faranno. Ankara domani dovrà iniziare a capire quanti margini di manovra le saranno concretamente concessi prima della visita di Trump, che dovrebbe avvenire entro gennaio e soprattutto entro il trilaterale che si terrà nelle prossime settimane a Mosca e al quale parteciperanno Putin, Erdogan e Rohani. Un’occasione per Ankara per battere i pugni sul tavolo e per capire se veramente ha margini di manovra autonomi o se, più probabilmente, dipende da volontà altrui.


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