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Trump accetta la proposta di Pelosi. Prima chiudere lo shutdown e poi il Sotu

Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha annunciato che farà slittare l’annuale Discorso sullo Stato dell’unione (il Sotu) a data da destinarsi, aspettando lo sblocco dello shutdown (la chiusura parziale di tutti gli uffici federali legata alla mancata approvazione al Congresso della legge sul bilancio federale).

Il Discorso era fissato per martedì 29 gennaio, ma Trump dice che vuole evitare la sovrapposizione tra la crisi che ha inceppato i delicati equilibri interni alla politica americana dal 21 dicembre, e quello che è uno dei momenti fondamentali di una presidenza – nel Sotu la Casa Bianca fa il punto, in diretta televisiva e davanti al Congresso riunito in plenaria, sulla situazione nel paese e lancia la futura azione di governo.

La vicenda dietro al discorso che Trump dovrà proclamare è emblematica della situazione politica statunitense. Ripercorriamola: una settimana fa (mercoledì 16) la speaker della Camera, Nancy Pelosi, aveva chiesto al presidente di non tenere il discorso, o al limite di inviarne una copia scritta da leggere senza il classico sistema rituale che accompagna l’evento. Pelosi, la leader de facto del Partito democratico, diceva che il rinvio era necessario per ragioni di sicurezza – lo shutdown non avrebbe garantito tutti i crismi richiesti da un protocollo di sicurezza rigidissimo.

Ma la richiesta di Pelosi non era immune da malizia politica. La democratica è stata eletta da pochi giorni alla guida dell’assise bassa, dopo che i Democratici ne hanno preso la maggioranza a novembre (con le elezioni di metà mandato): e questa è un fase in cui i Dem hanno tutta l’intenzione di far valere il ruolo di opposizione di cui il voto popolare li ha investiti. Lo shutdown, con annessi e connessi, è il terreno perfetto: ottimo a livello tempistico (la grinta democratica è ancora fresca), eccezionale a livello tecnico – il sistema democratico americano è bicamerale, Repubblicani e Casa Bianca non possono muovere leggi senza il doppio voto camerale, e nel caso la maggioranza al Senato ha valore relativo davanti al controllo di Pelosi e colleghi alla Camera.

Trump è piuttosto nervoso, perché non vede una via d’uscita dallo stallo: la linea democratica è quella di non trattare; l’amministrazione ha dalla sua il partito di cui è emanazione e cerca di fare altrettanto. Il presidente vuole 5,7 miliardi di dollari per il Muro col Messico, però i democratici non ne vogliono sentir parlare, e nessuno accetta compromessi.

In questo quadro che dimostra un’ulteriore polarizzazione politica negli Stati Uniti, Trump aveva reagito d’istinto contro la proposta di Pelosi sul rinvio del Discorso, bloccando a un’ora dalla partenza un viaggio all’estero istituzionale della presidente della Camera. Parafrasando, il presidente diceva: Nancy capirà, non si può andare a fare un tour con lo shutdown in corso, limiamo le spese non fondamentali, e poi lei deve stare a Washington per trovare un modo con cui risolvere la crisi.

Ieri, Pelosi è tornata sull’argomento, ribadendo che la Camera non avrebbe ospitato Trump per il Sotu. Dettaglio tecnico: il Discorso sullo Stato dell’unione viene fatto sempre alla Camera, e secondo una cerimonia secolare è la Camera stessa che invita il presidente a parlare. Pelosi aveva dunque un’altra leva forte. Trump ha inizialmente detto che a quel punto avrebbe cercato un posto diverso da cui parlare, ma poi – su Twitter – ha spiegato di aver cambiato idea: “Non cercherò un’alternativa perché nessuna può competere con la storia, la tradizione e l’importanza della Camera”. Non ci sarà nessun Discorso finché lo shutdown non sarà finito.

Oggi in Senato vengono presentate due proposte di sblocco nate da un compromesso tecnicistico tra il leader della maggioranza al Senato, il repubblicano Mitch McConnell, e da quello della minoranza, il democratico Chuck Schumer. Si tratta di iniziative che partono già prive del consenso necessario per andare avanti (ossia passare alla Camera). La prima, dei Repubblicani, prevede un piano di finanziamenti federali che include i 5,7 miliardi per il Muro: per passare deve ottenere 60 voti su 100, ossia 13 Democratici dovrebbero votarla. Quasi impossibile. La seconda la presenta Schumer e prevede uno sblocco temporaneo dei fondi federali fino all’8 febbraio, ma non include nemmeno un centesimo per il Muro (su cui da un paio di giorni Trump ha inventato una frase orecchiabile: “BUILD A WALL & CRIME WILL FALL!”, costruiamo e il muro e il crimine diminuirà).

 


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