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Perché anche la piazza di Belgrado si scaglia contro il potere

Che succede a Belgrado? Dopo le piazze di Istanbul, Atene, Bucarest e Tirana anche la capitale serba diventa teatro della protesta popolare indirizzata contro il governo. 25mila serbi manifestano e nel mirino mettono il presidente Vucic e le sue politiche.

Prosegue la difficile stabilizzazione del costone balcanico, con fughe in avanti e un certo scollamento tra palazzo e cittadini.

PROTESTE

“Basta con le bugie” è stata la frase ricorrente apparsa sabato scorso su striscioni e cartelli. Non si sono visti simboli di partito nelle piazze di Belgrado, a testimoniare una voglia di pura protesta lontana dalle strumentalizzazioni.

I manifestanti si sono fermati sotto l’emittente statale Rts e sotto il palazzo del governo serbo, sciorinando striscioni che recitavano “Non starò zitto”, “Non sono stupido”. Molti portavano i fischietti, come nelle proteste di massa negli anni ’90 contro l’ex governatore serbo Slobodan Milosevic. Vucic aveva dichiarato nei giorni scorsi di essere “pronto ad ascoltare il cittadino dimostrante ma non i bugiardi dell’opposizione”.

PERCHÉ?

Le manifestazioni hanno preso avvio lo scorso 8 dicembre, come prosecuzione ideale dei primi moti di disagio nati nella primavera del 2017 in concomitanza ad altre piazze in subbuglio. In quei giorni Vucic usciva vincitore dalle urne e molti giovani iniziavano ad annusare l’aria che sarebbe stata, accusandolo di una gestione autoritaria, con media e società civile a fare sterile presenza.

La situazione è in costante evoluzione, con punte di violenza che vengono monitorate anche dalle cancellerie europee, dopo che alla fine dello scorso novembre il leader del partito democratico serbo Borko Stefanovic è stato brutalmente picchiato a Krusevac. Dell’aggressione ha accusato il presidente in carica Vucic, che secondo Stefanović ha creato una “atmosfera raccapricciante” per i politici dell’opposizione.

ATMOSFERA

L’accusa principale contro Vucic è quella di “soffocare le libertà democratiche”, in quanto profondamente “autocrate”. Il crescente numero di manifestazioni ha sorpreso senza dubbio la maggioranza che controlla i due terzi del Parlamento, ma anche l’opposizione che al momento risulta debole e frammentata. Quasi tutti i politici di opposizione hanno accompagnato le mobilitazioni, ma non in prima linea, che è stata presenziata da cittadini, artisti e intellettuali, come l’attore Branislav Trifunovic che ha colto l’occasione della marcia pacifica per chiedere un’indagine approfondita sulla morte del politico serbo kosovaro Oliver Ivanovic, freddato fuori dal suo ufficio nella città settentrionale di Mitrovica.

IVANOVIC

Si tratta di una figura molto rispettata che aveva abbracciato il concetto di Kosovo indipendente e su questa traccia ha tentato, negli anni, di costruire ponti attraverso la ricomposizione del divario etnico.

L’inchiesta della polizia sull’assassinio di Ivanovic non ha fatto progressi, ma da un lato gli intellettuali sostengono che molti, non solo in Kosovo, avevano interesse a mettere a tacere Ivanovic, e dall’altro i politici serbi hanno puntato il dito contro gli albanesi. Secondo Milovan Drecun, deputato serbo e capo della commissione parlamentare per il Kosovo, l’omicidio significa che i serbi non sono i benvenuti in Kosovo.

TUTTI IN PIAZZA

La piazza di Belgrado “segue” altre lungo tutto il costone balcanico che nell’ultimo triennio si sono caratterizzate per una intensa volontà dei cittadini di manifestare contro il governo.

Lo scorso agosto Bucarest è stata caratterizzata da aspri scontri tra polizia e manifestanti (tra cui blogger, attori e giornalisti) giunti da tutta Europa che protestavano contro il governo e la corruzione. Inoltre raccoglievano le firme con una petizione per espellere dall’esecutivo i pregiudicati.

Nel gennaio 2017 ben 30mila persone sono scese in piazza a Bucarest contro il progetto del governo socialdemocratico di depenalizzre molti reati. Le proteste dello scorso anno sono state le più grandi nella storia romena dalla caduta del comunismo, con l’immediata conseguenze del passo indietro del ministro per gli Affari e il Commercio, Florine Jianu.

Nel 2015 un altro premier romeno, il social democratico Victor Ponta (già nel mirino della magistratura per una ipotetica corruzione) fu costretto alle dimissioni dalla piazza. Infatti una imponente manifestazione di massa nacque dopo l’incendio in un locale di Bucarest che aveva provocato 64 morti.

Tre settimane fa a Tirana (ma anche a Korca, Elbasan e Durazzo) migliaia di studenti albanesi per quattro giorni hanno protestato per le troppe tasse, dopo la decisione di fatturare gli esami di riparazione. E in Grecia, ancora oggi dopo la crisi economica esplosa nel 2012, pensionati e studenti sono scesi in piazza Syntagma per l’ennesima volta per protestare contro l’austerità del governo Tsipras.

twitter@FDepalo

 



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