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Così il giovane Andreotti divenne statista

Giulio Andreotti, romano de Roma viene al mondo il 14 gennaio 1919 e tra pochi giorni si celebrerà il centenario della nascita. Raccontare la sua intensa vita è quanto mai complicato, considerata la vastissima attività nella politica italiana e internazionale. Sette volte presidente del Consiglio e quasi sempre ministro in diversi dicasteri, in Parlamento ininterrottamente dal 1945, ma mai segretario della Dc. È stato sempre uomo di governo e mai di partito, lasciava ai suoi amici occuparsi delle vicende interne alla Dc.

Laureato in giurisprudenza nel 1941, si specializza in diritto canonico. Diventa presidente della Fuci a ventidue anni. Andreotti negli anni universitari visse con Aldo Moro il comune impegno formativo e religioso nella Federazione degli Universitari Cattolici. Aldo Moro, presidente dell’organismo universitario volle affidare al collega romano la direzione di Azione Fucina, periodico della federazione. Una volta scoppiato il conflitto, il presidente Moro fu chiamato alle armi e sostituito proprio da Andreotti al vertice della Federazione.

Facendo un passo indietro, il giovane direttore di Azione Fucina, ancora studente, stava effettuando per la sua tesi di laurea ricerche sulla Marina pontificia di Padre Guglielmotti presso la Biblioteca Vaticana. Si recò in biblioteca per consultare alcuni volumi, espletate le normali procedure, compilato il modulo di richiesta lo presentò all’incaricato. Questi, letta l’indicazione del materiale di studio, domandò al giovane studente se caso mai non avesse di meglio da fare, che studiare la Marina pontificia in un momento così difficile per l’Italia. Infastidito per l’interferenza, insistette per ottenere i volumi indicati.

L’avv. Spataro, in passato anch’egli presidente della Fuci, qualche giorno dopo invitò Andreotti a casa sua per presentargli De Gasperi. Il responsabile del giornale “fucino” chiese a Gonella, col quale stava in amicizia perché giornalista all’Osservatore Romano, chi fosse questo De Gasperi, si sentì rispondere che era un personaggio importante: colui che stava organizzando il partito democristiano in Italia. Andreotti giunto a casa dell’avv. Spataro rimase impietrito. Si trovò davanti a De Gasperi, che guarda caso era l’impiegato della Biblioteca Vaticana col quale aveva avuto quel piccolo incidente qualche giorno prima.

Il “bibliotecario vaticano” mostrò soddisfazione per il lavoro che Andreotti stava svolgendo con Azione Fucina e lo incitò ad andare avanti. Gli chiese anche di collaborare con Gonella al giornale clandestino il Popolo, che sarebbe diventato successivamente giornale del partito, una volta tramontato il fascismo. Andreotti, appena riuscì a porre qualche domanda a De Gasperi, visto il completo digiuno che aveva sulla formazione politica, il “bibliotecario vaticano” con fare sbrigativo gli comunicò che l’avv.

Mario Scelba lo avrebbe indirizzato allo studio degli scritti più rilevanti di Sturzo e di don Giulio de Rossi sul Partito Popolare. Per l’aspetto socio-economico gli raccomandò di approfondire il Codice di Malines. Dallo studio di quest’ultimo e importante documento nacque forse anche l’idea del Convegno di Camaldoli, presso Arezzo, da cui poi il famoso Codice. Una iniziativa di studio che si svolse dal 18 al 24 luglio 1943 voluta dal Movimento Laureati Cattolici e dall’Istituto cattolico di attività sociali. Andreotti fu protagonista con altri intellettuali cattolici, per l’estensione del documento riguardante la parte sociale, economica e giuridica.

La conoscenza con De Gasperi, gli approfondimenti culturali, l’attività fucina spinsero Giulio Andreotti ad abbracciare l’impegno politico, che da allora non abbandonerà mai più, e che lo proietterà negli anni, per sette volte, ai vertici del governo del Paese. L’azione politica di Andreotti si sviluppa nell’arco di tempo che va dal dopoguerra 1939/45 al primo decennio del terzo millennio della storia, attraversando quaresime e resurrezioni. La sua prima esperienza parlamentare la fa all’Assemblea costituente e successivamente come deputato democristiano nel 1948 e a seguire, fino alla nomina a Senatore a vita voluta dal Presidente della Repubblica Francesco Cossiga nel giugno 1991.

Il suo impegno al governo inizia a 28 anni, quando entra a far parte dell’esecutivo come sottosegretario alla presidenza del Consiglio nel quarto governo De Gasperi. Ricoprirà incarichi di governo fino al 1992, eccetto brevi intervalli. Quando ci sarà da affrontare drammatiche emergenze: la crisi economica e il terrorismo che insanguina l’Italia, Andreotti sarà protagonista attivo in queste due fasi critiche della vita del Paese.

Aldo Moro è presidente della Dc, ma è anche l’uomo che realizzò aperture verso il Pci. L’uccisone di Moro lo segnerà profondamente, e lo obbligherà a guidare il governo di solidarietà nazionale che vede la luce nel 1978, prevedendo non più l’astensione, bensì il voto favorevole anche dei comunisti, senza incarichi di governo. Conoscitore profondo della politica internazionale, Andreotti cercherà sempre nella distensione l’asse portante della politica estera italiana, non trascurando il sostegno alla strategia atlantica. Accorda il sì italiano all’installazione degli euromissili della Nato. Gli anni ’80 si chiudono con la solida alleanza con Craxi e Forlani: il famoso Caf, propedeutica al suo ritorno a Palazzo Chigi e a Forlani di sedere sullo scranno di segretario della Dc. Scrittore arguto e brillante ha pubblicato diversi libri che descrivono la storia del nostro paese, di personaggi, di istituzioni. Andreotti ha conservato fino alla fine della sua vita una spiccata personalità, intelligenza e acume politico, frutto della intensa vita politica, culturale e religiosa che l’hanno visto perenne protagonista della vita politica italiana. Morì a 94 anni il 6 maggio 2013 a Roma.

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