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Dal processo a Salvini al caso Sea Watch. Governo sul filo tra mille incastri

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Matteo Salvini probabilmente non aveva immaginato che si sarebbe arrivati a incastri così complicati sul tema a lui più caro, quello della lotta all’immigrazione: una richiesta di autorizzazione a procedere per sequestro di persona, le fibrillazioni grilline, l’ennesimo tira e molla con l’Unione europea per migranti a bordo di una nave dalla sorte indefinita. Il tutto in mezzo a problemi residuali come la situazione economica, il decreto semplificazioni che è stato molto “semplificato” su input del Quirinale, la maggiore autonomia chiesta dalle regioni del Nord su cui la Lega non intende mollare e che entro il 15 febbraio deve approdare in Consiglio dei ministri, le elezioni regionali in Abruzzo e in Sardegna a febbraio, utile test in vista dell’“arma fine di mondo” che nelle intenzioni dei dottor Stranamore sovranisti dovrebbero essere le elezioni europee della fine di maggio. E negli stessi giorni stanno partendo le grandi riforme, reddito di cittadinanza e quota 100 per le pensioni, di cui tra un po’ si vedranno i veri effetti.

PARTITA A SCACCHI NELLA GIUNTA PER LE IMMUNITÀ

La prima seduta della Giunta del Senato che dovrà decidere se concedere o meno l’autorizzazione a procedere chiesta dal Tribunale dei ministri di Catania nei confronti del ministro dell’Interno si è conclusa con un punto fermo e con diversi mal di pancia. La certezza è l’annuncio del presidente della Giunta, Maurizio Gasparri (Forza Italia), che ha formalmente chiesto a Salvini di presentarsi entro sette giorni per esporre il suo punto di vista aggiungendo che non sono previste altre audizioni e che il ministro, oltre a quella personale, potrebbe illustrare anche la posizione ufficiale del governo. Starà a lui decidere se inviare una memoria o presentarsi, ma sembra scontato che voglia rivendicare di persona le scelte fatte. L’iter si concluderà il 23 febbraio e poi toccherà all’Aula di Palazzo Madama con tempi che non si annunciano brevissimi e comunque entro due mesi.

L’IMBARAZZO DEL MOVIMENTO

Tutto ruota intorno al Movimento 5 stelle, dando per scontato che l’opposizione di sinistra voterà per concedere l’autorizzazione e che Forza Italia e Fratelli d’Italia saranno invece contrari. Ormai sembra inevitabile anche l’appoggio del Movimento a Salvini e quindi il no all’autorizzazione: meglio l’imbarazzo nei confronti della base per spiegare il diverso atteggiamento dopo che in passato si era sempre stati a favore delle richieste dei magistrati piuttosto che una crisi di governo. Il leader leghista, spiazzato dalla richiesta del tribunale che non si aspettava, ha a sua volta spiazzato gli alleati con l’intervento sul Corriere della Sera del 29 gennaio (24 ore prima della riunione della Giunta) nel quale, modificando la posizione dell’estate scorsa, ha scritto senza mezzi termini che l’autorizzazione non va data per aver agito nell’interesse pubblico. Lettera andata di traverso ai vertici del Movimento anche se poi il senatore Michele Giarrusso ha anticipato che nella Giunta sarà depositata una memoria del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, del vicepresidente Luigi Di Maio e del ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli. Certo, poi ci hanno abituato alle stranezze come quelle di Carlo Sibilia (secondo il quale lo sbarco sulla Luna è controverso) che, pur essendo sottosegretario all’Interno e quindi teorico braccio destro di Salvini, è convinto che in Aula il M5S voterà compatto a favore dell’autorizzazione. Ha ragione Conte quando dice che non teme ripercussioni sul governo. Nessuno può permettersele anche se prima del voto finale del Senato dovranno essere superati altri ostacoli: l’autonomia chiesta dalle regioni del Nord è un punto fermo della Lega mentre i grillini buttano la palla sugli spalti.

PORTI CHIUSI, MA SBARCANO DALLA SEA WATCH

Dopo lunghe trattative nelle quali la mediazione di Conte è stata importante, la conclusione della vicenda Sea Watch sarà quella più ovvia perché inevitabile: i 47 a bordo sbarcheranno in Italia e saranno distribuiti tra i sette Paesi che li accetteranno, compreso il nostro. Dopo l’annuncio del presidente del Consiglio, Salvini ha commentato “missione compiuta!” perché “ancora una volta l’Europa è stata costretta a intervenire e ad assumersi delle responsabilità” e ha elencato Francia, Portogallo, Germania, Malta, Lussemburgo e Romania. Ha dimenticato l’Italia. L’obiettivo era trovare “anche in questo caso una soluzione che possa conciliare la sicurezza delle persone in mare con quella di un Paese, l’Italia, che non è più disposto a essere il rifugio di tutti i clandestini d’Europa”. Un modo elegante per venirne fuori perché da giorni Salvini ripeteva che “in Italia non sbarcherà più nessuno” mentre una nave era ferma a 1 miglio da un porto italiano (Siracusa) e non si capiva come altrimenti sarebbe potuta finire la storia. Ora il ministro si augura che la magistratura indaghi su quella nave ong mentre, obtorto collo, dovrà accettare lo sbarco dei 47 sul suolo italiano.

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