Un aereo iraniano sarebbe dovuto atterrare l’altro ieri a Damasco, con un carico evidentemente non gradito a Israele. La stampa russa e fonti siriane hanno riportato un lancio di missili israeliani verso l’aeroporto, tutti intercettati dalla batteria antiaerea. All’una circa ora locale, un missile lanciato dalla Siria viene intercettato dal sistema Iron Dome e ripreso dai telefonini degli sciatori in villeggiatura sul monte Hermon, nel nord di Israele. Ieri mattina il messaggio dell’esercito israeliano: in risposta al lancio di missili sono stati colpiti magazzini d’armi delle milizie iraniane Quds, tra cui uno proprio sito nell’aeroporto internazionale di Damasco, un campo di addestramento, una base di un’unità di intelligence e una batteria antiaerea. Secondo fonti dell’opposizione siriana sarebbero 12 i miliziani iraniani delle Guardie della Rivoluzione morti nel più grande attacco sull’area di Damasco.
L’Iran aumenta la tensione. Il Comandante dell’Aeronautica Nasir Zadeh in un incontro ieri mattina al Circolo dei Giovani Giornalisti avrebbe dichiarato che l’Iran è pronto ad attaccare “il regime sionista” e farlo sparire dalla faccia della terra. Così riporta Radio Farda, mentre il sito del Circolo pubblica un lungo articolo in cui Zadeh spiega le relazioni tra esercito e università per la formazione di una nuova generazione fervente e impaziente di cancellare Israele dalla faccia della terra.
A una settimana dalla nomina, il 22-esimo capo di Stato Maggiore Aviv Kochavi ha dovuto far capire che “there’s a new sheriff in town”. Gli ampi bombardamenti israeliani sarebbero non solo un messaggio all’Iran ma anche agli altri attori coinvolti nella regione: l’obiettivo di Israele è impedire la presenza iraniana in Siria, e potrebbe perseguire questo obiettivo anche a rischio di ulteriori fratture con i russi, che non intervengono finché non vedono un pericolo per i propri interessi.
Perché una risposta così forte? L’esercito israeliano spiega che il lancio del missile di produzione iraniana è avvenuto da territorio siriano, ma è stato lanciato dagli iraniani in un’operazione di attacco diretto a Israele pianificata da tempo e condotta da un territorio che si troverebbe a poche decine di chilometri dal confine israeliano, un’area in cui gli iraniani non sarebbero dovuto entrare secondo assicurazioni fatte a Israele. Israele non può permettersi un confine siriano con una situazione simile a quella che si è venuta a creare in Libano, cioè con una presenza di una milizia pro-iraniana armata di missili e pronta anche a invadere la Galilea. Una simile realtà anche sul confine siriano sarebbe ingestibile.
“La distruzione di Israele”, non è una semplice retorica ma un obiettivo che è pilastro dell’ideologia del regime. Già nei primi anni ’60 le accuse che Khomeini muoveva allo Shah Reza Pahlavi erano di essere venduto ad America e Israele, gli acerrimi nemici del mondo islamico, non tanto per la loro potenza, quanto per ciò che rappresentano sia in termini di valori (soprattutto gli Stati Uniti), sia in termini di sovvertimento dell’ordine storico (in particolare Israele). Alla vigilia dei 40 anni dalla rivoluzione islamica, l’Iran si sente attaccato non solo dal mondo sunnita ma soprattutto dalle influenze del mondo occidentale che, nella visione politico-teologica, insinuano corruzione e decadimento morale. In un discorso del capo di Stato Maggiore Baqeri riportato da Khabar Online ieri, si delinea la visione del regime: l’Iran deve difendersi dagli attacchi di una guerra psicologica intentata dalle forze dell’arroganza mondiale per demoralizzare il popolo iraniano attraverso campagne facilitate dall’impero mediatico influenzato dai sionisti. Attacchi che a dire di Baqeri non sarebbero solo mediatici, ma minacce di attacchi militari.
L’esercito israeliano ritiene che gli iraniani abbiano abbandonato alcune postazioni in Siria in seguito all’attacco, e che non reagiranno a eventuali operazioni militari israeliane in futuro. Il generale riservista Aharon Zevi-Farkash, intervistato alla radio Kan Bet, ricorda che questo evento è il terzo da febbraio dell’anno scorso, quando gli iraniani avevano mandato verso Israele un drone, e dopo il lancio di missili dalla Siria verso il Golan a maggio. Che ci sia o meno una guerra imminente non sarebbe la questione. Il pericolo ora è arrestare l’avanzamento iraniano verso il Golan, obiettivo principale di Teheran dopo la grande sconfitta inflitta dall’operazione militare “Scudo Settentrionale” che ha neutralizzato il piano militare iraniano di invadere la Galilea settentrionale attraverso Hezbollah.
Questo conflitto si svolge in un vuoto che aumenta nel Medio Oriente, con il progressivo ritiro americano, l’aumento dell’aggressività iraniana e l’affermazione egemonica della Turchia. Gli interessi di Israele sono molti e si incrociano con attori amici e nemici. Un quadro complesso che il nuovo capo di Stato Maggiore e il futuro premier dovranno saper affrontare insieme, con molta determinazione.