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Il governo si giocherà tutto sulla Tav. Parola di Jannotti Pecci

La Tav, certo, ma anche Carige e perché no le trivelle. Se il 2018 appena salutato si è concluso con una manovra approvata sul filo di lana e condita di stop&go dall’inizio alla fine, il 2019 non è da meno. I dossier su cui la temperatura a Palazzo Chigi sta salendo sono tanti, a cominciare proprio dalla Torino-Lione.

In Confindustria c’è chi ha pochi dubbi in merito: quando si mettono insieme soggetti troppo di versi, la crisi è sempre dietro l’angolo. La stessa associazione degli imprenditori è da tre mesi abbondanti passata a una stato di militanza permanente in favore delle opere, dei cantieri e dello sviluppo. Anche se poi i temi non si esauriscono con la Tav. Costanzo Jannotti Pecci, ai vertici di Viale dell’Astronomia e alla guida di Federturismo dà la cifra del momento, lasciandosi andare a considerazioni da prendere quanto meno sul serio.

Jannotti, la Tav è ormai questione nazionale. Molto più di una ferrovia…

Qualcuno dice che si tratta solo di un’opera, di un cantiere, di qualche galleria e un paio di binari. Non è così. La Torino-Lione è la nostra scelta. Vogliamo essere del mondo o fuori da esso? Nell’Europa o fuori dall’Europa? Sa che cos’è la Tav? La nostra dichiarazione al mondo e non solo per Confindustria: vogliamo entrare nel futuro? Bene, allora bisogna farla, punto.

E per il governo che cos’è?

Uno spartiacque, un banco di prova, il vero banco di prova. La Tav ha portato alla luce le due anime del governo, diverse, come le pere e le mele. Per questo la tenuta di questo esecutivo si giocherà su questo terreno. Stiamo parlando di due mondi diversi, quello della Lega e quello del Movimento Cinque Stelle, è naturale che ci siano delle divisioni. Dico di più. Dalla soluzione sulla Tav uscirà il nome del vero timoniere del governo. Salvini? Di Maio? Insomma ci sarà un vincitore, che sarà da quel momento in poi il vero fattore x del governo. Altro che trivelle…

Si spieghi…

La questione delle trivelle è più semplice, è più facile trovarvi un compromesso politico. Sulla Tav c’è meno spazio, perché o si fa o non si fa. Senza considerare che quest’opera a differenza delle esplorazioni in mare ha implicazioni maggiori. C’è di mezzo l’Europa, migliaia di imprese, la Francia. Se non trivelliamo non abbiamo petrolio per noi, amen. Ma sulla Tav è diverso.

Domani la Lega scende in piazza a Torino per la Tav. Di fatto un partito di governo contesta l’operato dell’altro partito. Ci sta sfuggendo qualcosa o semplici scaramucce tra condomini?

La manifestazione di domani si può leggere in due modi. Da una parte può sembrare paradossale, forse lo è. Ma dall’altra la Lega non ha scelta, deve stare dalla parte di chi si rimbocca le maniche. Ricordiamoci sempre da dove vengono molti voti del Carroccio: Lombardia, Liguria, Piemonte, oltre al Veneto. Tutte regioni che chiedono sviluppo, progresso e comunque toccate direttamente o indirettamente dalla questione Tav. Come potrebbe la Lega non tenerne conto? Impossibile.

Ma c’è il contratto di governo…

Ci risiamo con il contratto. Ancora una volta bisogna ammettere la realtà dei fatti: il famoso contratto di governo non è altro un pezzo di carta che ha sancito un matrimonio strano, tra due soggetti diversi e la cui natura ora sta creando dei problemi. In altre parole non è e non sarà un collante sufficiente perché la diversità tra Lega e M5S era abbastanza chiara fin dall’inizio. Bisognerebbe essere così abili da trovare intese strutturali, di lungo periodo, non affidarsi solo a un pezzo di carta. La strada per aggirare le differenze che intercorrono tra i due soggetti è strettissima.

Parliamo di Carige. Anche qui i partiti sono due, quello della nazionalizzazione e quello del libero mercato…

Esattamente. Forse Lega e Cinque Stelle su questo sono più compatti, nel senso che chi più chi meno non disdegnerebbero un intervento dello Stato nel capitale. Ma questo non piacerebbe all’Europa che tramite la Bce avrebbe qualcosa da dire. E non piace nemmeno a noi imprenditori, che privilegiamo sempre una soluzione di mercato. Sennò si torna indietro, si torna alle statalizzazioni di massa e non va bene.

Però Mps è stata nazionalizzata…o no?

Sì, ma parliamo di grandezze di misura diverse. Vogliamo comparare la decima banca con la terza? Non salvare Mps in quelle modalità avrebbe significato avere effetti disastrosi sul mercato e sul risparmio. Per Carige è diverso. La nazionalizzazione può avere un senso solo se ci sono zero compratori. Ma mi pare che qualcosa si stia muovendo.



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